Pierpaolo Lio per il “Corriere della Sera”
Scena uno: una ragazza con il piumino rosso è braccata da un groviglio di mani. In una manciata di minuti si ritroverà accovacciata a terra, seminuda, in lacrime, piena di lividi, protetta solo dagli scudi delle forze dell'ordine. «Vedevo gente che mi tirava per le braccia e per le gambe... altri ragazzi del gruppo mi levavano i vestiti», metterà a verbale la studentessa 19enne fuori sede.
«Tutto intorno era uno schifo, c'erano molti ragazzi, e chiunque passasse si prendeva la libertà di mettere le mani addosso», racconterà la sua amica. Seconda scena: due turiste tedesche urlano e piangono schiacciate alle transenne. Si abbracciano per cercare di difendersi dall'assalto. «A un certo punto ho sentito mani dappertutto», ricorderà giorni dopo una delle vittime: «All'improvviso c'erano decine di persone addosso a noi e non capivo chi stesse facendo cosa.
Volevamo scappare, ma c'era troppa gente». Mentre tutto attorno migliaia di giovanissimi festeggiano lo scoccare della mezzanotte del 1° gennaio 2022 in piazza Duomo a Milano, per alcune ragazze (almeno sette) il Capodanno si trasforma in incubo. C'è chi approfitta della folla per prendere, strattonare, toccare. Per quelle violenze sono indagati in 15. E ai cinque già arrestati nei giorni subito successivi e oggi già a processo, ieri se ne sono aggiunti tre, un quarto è ricercato. Sono il 19enne Abdelrahman Mohamad e i 20enni Mohamed Abou Elnaga, Karim Hemida, irregolare e senza fissa dimora, e M. A., arrivato in Italia tre mesi prima. Sono tutti egiziani, vivono tra Milano, l'hinterland nord e il Lecchese.
Dopo mesi di certosino studio dei video, dei tabulati telefonici, delle testimonianze e dei social, gli investigatori della squadra mobile, guidati da Marco Calì e diretti dal pm Alessia Menegazzo, sono riusciti a individuarli tra le «nuvole» di aggressori che s' addensavano attorno alle vittime in due dei tre principali episodi denunciati in piazza. Le immagini li immortalano a volte addosso alle ragazze, in altri casi ad assistere agli abusi, quasi a «godersi lo spettacolo», e di fatto creando una «barriera umana», rileva il gip Sonia Mancini, «assolutamente determinante» a impedire che le forze dell'ordine potessero accorgersi delle violenze e interromperle.
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