GIUSTIZIA TERREMOTATA – DOPO L’ASSOLUZIONE DEGLI SCIENZIATI PER NON AVER PREVISTO IL SISMA DELL’AQUILA, ENZO BOSCHI SI TOGLIE UN SASSOLONE: “NOI SCIENZIATI SIAMO STATI USATI. LA PROTEZIONE CIVILE VOLEVA RISPONDERE AGLI ALLARMI LANCIATI DAL TECNICO GIULIANI”

‘’Spero che questo verdetto segni un nuovo rapporto tra magistratura e ricerca perché è fondamentale per noi scienziati l’indipendenza del nostro lavoro. La sentenza di primo grado ha scosso molto l’ambiente accademico. E ora mi stanno telefonando da tutto il mondo per congratularsi e comprendere il nuovo verdetto”…

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Giuseppe Caporale per “la Repubblica

 

Porta le mani al volto Enzo Boschi, mentre la presidente di sezione della Corte d’Appello dell’Aquila, Fabrizia Francabandera, legge la sentenza di assoluzione.

“Il fatto non sussiste” scandisce il giudice. E la commozione prende il sopravvento. «È finalmente finito un incubo... » commenta con gli occhi lucidi.

Lui, 72 anni, sismologo ed ex presidente dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, assediato da giornalisti e curiosi, ora è un fiume in piena. La rabbia dei mesi precedenti pare svanita.

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«Ho sempre sostenuto che noi scienziati in quella maledetta riunione avevamo fatto solo il nostro lavoro. Forse altri non hanno fatto lo stesso, ma non è questo il momento di parlarne. Voglio leggere attentamente le motivazioni della assoluzione poi con calma racconterò alcuni particolari di questa storia...anche perché dopo aver studiato più volte le carte del processo, ho capito molte cose».

 

Capito cosa, professore?

«Che noi scienziati siamo stati usati. Che quella che ci fu all’Aquila, il 31 marzo del 2009 fu una riunione “politica”, come l’ha definita lo stesso avvocato Franco Coppi (difensore dell’altro sismologo Giulio Selvaggi, ndr) oggi in aula. Fu una scelta della Protezione Civile che volle rispondere agli allarmi di un imminente terremoto lanciati da quel tecnico, Giampaolo Giuliani».

 

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E per confutare la tesi di Giuliani si finì per negare il terremoto.

«Io non lo avrei mai fatto. Non avrei rassicurato. E non fu riportato all’opinione pubblica quanto invece accadde davvero in quella riunione. Io e Selvaggi, mio collaboratore, ci presentammo con cartine e documenti. Il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente che era presente alla riunione, ha testimoniato che era rimasto talmente impressionato dalle mie dichiarazioni sul rischio sismico fatte durante la riunione che decise di chiudere alcune scuole e di chiedere lo stato di emergenza».

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Quella riunione però durò meno di un’ora. Forse anche voi foste superficiali.

«Non è vero. Producemmo materiali utili alla comprensione del fenomeno e l’incontro durò poco perché De Bernardinis aveva fretta, doveva tenere la conferenza stampa alla quale non fui invitato e non vi partecipai. Il verbale di quella riunione poi fu redatto successivamente, senza che ne venissi informato. A scriverlo furono due funzionari del dipartimento. Ebbi modo di leggerlo solo dopo il terremoto e lo firmai come atto dovuto».

 

Lei però in quella riunione disse che una scossa imminente era “improbabile”.

«Certo, spiegai che era improbabile ma che non si poteva escludere. Il linguaggio della scienza è diverso da quello dei media e dalla comunicazione che deve essere poi veicolata alla popolazione. È compito della Protezione Civile in quei casi decidere ciò che è necessario sapere. Questo dice la legge».

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Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, tempo fa le ha espresso solidarietà.

«Sì, è accaduto alla vigilia della sentenza di primo grado. Mi incontrò in pubblico e mi disse scherzando: verrò in carcere a portarle le arance. Io risposi: con i corazzieri?».

 

La folla presente in aula alla lettura della sentenza ha gridato “vergogna”.

«Posso solo immaginare l’immenso dolore di chi ha perso i propri cari nella tragedia del terremoto. Ma prendersela con gli scienziati non credo serva a molto».

 

La Corte però ha riconosciuto la responsabilità della Protezione Civile.

«Le ho già detto quello che penso, non voglio indugiare oltre, specie adesso che c’è stata una sola condanna. Spero che questo verdetto segni un nuovo rapporto tra magistratura e ricerca perché è fondamentale per noi scienziati l’indipendenza del nostro lavoro. La sentenza di primo grado ha scosso molto l’ambiente accademico. E ora mi stanno telefonando da tutto il mondo per congratularsi e comprendere il nuovo verdetto».

 

 

 

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