Monica Serra per “la Stampa”
Non si è limitata a chiedere l'assoluzione degli imputati nel processo Eni-Nigeria, a partire dall'ad Claudio Descalzi. Con una mossa che almeno a Milano non ha precedenti, la sostituta procuratrice generale Celestina Gravina ha rinunciato ai motivi d'appello, rendendo definitive tutte le assoluzioni di primo grado.
Le dure parole che ha pronunciato sono suonate in aula come un "atto di accusa" nei confronti del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, che non ha mai chiamato per nome. E che - proprio per la gestione delle prove in questo processo al centro del duro scontro che si è consumato nella procura di Milano - è imputato a Brescia per omissione di atti d'ufficio.
FABIO DE PASQUALE SERGIO SPADARO
Gravina ha definito i motivi d'appello promossi dall'aggiunto «incongrui, insufficienti e fuori dal binario di legalità», che non tengono conto dell'«assoluzione definitiva» dei presunti intermediari della maxi tangente al centro del processo: Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, già giudicati perché avevano scelto il rito abbreviato.
«E questa - per la sostituta pg - è una violazione delle regole di giudizio». Ha parlato di «vicende buttate lì come un'insinuazione», di «esilità e assoluta insignificanza degli elementi» usati dalla procura per sostenere l'accusa di corruzione internazionale, di «colonialismo della morale» da parte del pm per rispondere all'accusa di «colonialismo predatorio» che De Pasquale muoveva a Eni e Shell nel ricorso.
«Questo processo deve finire oggi perché non ha fondamento - ha detto Gravina - Non c'è prova di un accordo corruttivo, né prova del pagamento di utilità corruttive». E, dopo aver «patito sette anni», gli imputati «hanno diritto a vedere cessare immediatamente questa situazione contra legem rispetto alle indicazioni di regolarità formale del processo».
La sostituta pg ha censurato la richiesta di confisca di 1, 092 miliardo di dollari avanzata da De Pasquale, pari alla presunta maxi tangente che, nella ricostruzione accusatoria, Eni e Shell avrebbero pagato per aggiudicarsi la concessione da parte del governo nigeriano dei diritti di esplorazione sul blocco Opl245. Ha aggiunto Gravina che invece Eni e Shell avrebbero fatto «la ricchezza di quel Paese» a partire dagli anni Cinquanta «anche con tributi di sangue».
Per il gruppo è stata così sancita «la fine della immotivata e sconcertante vicenda giudiziaria penale». La requisitoria della sostituta pg - che il difensore di Descalzi, Paola Severino, ha definito «penetrante, argomentata, anche pacata che però ha frantumato completamente l'accusa» - ha messo una pietra tombale sul processo.
Che andrà avanti solo per il ricorso della parte civile. L'avvocato Lucio Lucia, che rappresenta la Repubblica nigeriana, ha chiesto alla corte di valutare i danni in separata sede e una provvisionale pari alla somma versata per i diritti di esplorazione del giacimento. Decisione attesa il 30 settembre. -
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