Franco Giubilei per ‘la Stampa’
Asm ae Belfakir ha 25 anni, è avvocatessa praticante nell' ufficio legale dell' Università di Modena e Reggio Emilia ed è responsabile legale della comunità islamica di Bologna.
Ieri mattina è rimasta incredula quando il giudice del Tar dell' Emilia Romagna, Giancarlo Mozzarelli, durante un' udienza, le ha chiesto di togliersi il velo se voleva continuare ad assistere.
La giovane professionista si è rifiutata di levarsi l' hijab che le copriva la testa ed è uscita dall' aula. Questa è la versione della diretta interessata, nessun commento invece da parte del giudice, che presiede la seconda sezione del tribunale amministrativo.
La vicenda ha provocato la protesta del Consiglio nazionale forense e dell' Ordine degli avvocati di Bologna.
Asmae Belfakir, nata in Marocco, in Italia fin da piccolissima e laureata con lode in giurisprudenza, racconta così l' accaduto: «Ho assistito a tante udienze anche al Tar e nessuno mi aveva mai chiesto di togliere il velo, anche perché non si può assolutamente parlare di problema di sicurezza: l' hijab tiene il volto scoperto e quindi sono perfettamente riconoscibile». Ma non è tutto, perché secondo la ragazza lo stesso magistrato aveva tenuto un comportamento opposto neanche due mesi fa: «Il 5 dicembre scorso ero stata presente a un' altra udienza e non aveva avuto niente da obiettare.
Questa mattina (ieri, ndr), quando sono entrata, mi ha subito detto senza neanche nominarlo che se volevo stare in aula dovevo toglierlo».
Il giudice avrebbe anche fatto riferimento al «rispetto della nostra cultura e della nostra tradizione», e non alla legge. Sulla porta dell' aula è stato affisso il testo dell' articolo 129 del codice di procedura civile: «Chi interviene o assiste all' udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio», ma l' Ordine degli avvocati di Bologna precisa che si tratta «di una norma prevista unicamente per il processo civile e non anche per il processo amministrativo».
La Belfakir da parte sua andrà fino in fondo: «Al di là del fatto di essere stata umiliata in pubblico, l' aula di un tribunale dovrebbe essere laica. Sono stata privata di un diritto da parte di un magistrato in udienza, il diritto dovere di seguire cosa succede in un' aula in qualità di praticante. Diventa una battaglia giuridica, perché significa che una donna musulmana non può accedere alla professione forense.
Valuterò se adire un' azione legale». E mentre il relatore della tesi della ragazza, il professor Vincenzo Pacillo, invoca la libertà di culto garantita dalla Costituzione e ridimensiona la portata della norma affissa fuori dall' aula del Tar - «è figlia di un' epoca diversa, serviva ad evitare che le persone entrassero con il cappello» -, il presidente del Tar di Bologna Giuseppe Di Nunzio assicura che la Benakir potrà tornare in aula indossando il suo velo: lo ha detto ieri al telefono al dirigente dell' ufficio legale dell' università di Modena e Reggio, Lorenzo Canullo, che lo aveva chiamato per avere spiegazioni.
Anche il Consiglio di Stato si sta muovendo: il presidente Alessandro Pajno ha chiesto una relazione dettagliata.