Eleonora Cozzella per “la Repubblica - Weekend”
Sono le note di Bud Powell a fare da colonna sonora ai (pochi) momenti di riposo nella ipercinetica giornata di Massimo Bottura, 57 anni il 30 settembre, chef dell' Osteria Francescana di Modena. Ma potrebbe essere anche la voce di Edith Piaf che canta La vie en rose dal 78 giri originale o il raro first edition di Strange Fruit di Billie Holiday. Fanno parte della raccolta di circa 20 mila vinili, con esemplari fin dagli anni Venti, del cuoco cultore di blues e jazz.
Ma anche appassionato di arte, conoscitore dei grandi artisti contemporanei, da Andy Warhol a Tracey Emin ( nella foto grande), da Pistoletto al brasiliano Vik Muniz, le cui opere - una rara collezione iniziata 25 anni fa con la storia d' amore con la moglie Lara Gilmore - sono disseminate nel ristorante modenese, nella casa privata e nella nuova onirica Casa Maria Luigia, avventura di hospitality da poco inaugurata nella campagna circostante la città emiliana. Il cuoco modenese, il cui ristorante è stato per ben due volte il migliore del mondo nella World' s 50 Best Restaurants, ama circondarsi del bello.
«La bellezza non fa le rivoluzioni, ma viene un giorno in cui la rivoluzione avrà bisogno della bellezza», ama dire citando Albert Camus, per sintetizzare la sua idea di cucina che è anche un progetto di solidarietà alimentare e coscienza ecologica, nel suo elevare a valori fondanti la lotta allo spreco e l' inclusione sociale.
Un sistema valoriale gastronomico che tanto più viene realizzato nel bello tanto più è efficace. E lui la sua rivoluzione la sta attuando attraverso una cucina- arte concettuale, nella convinzione che "la rivoluzione siamo noi", per dirla con Joseph Beuys, la cui immagine del 1971 campeggia nel locale di via Stella 22. L' Osteria Francescana, ristorante- galleria, che vanta tre stelle Michelin, è " solo" una delle diverse estrinsecazioni di un rapporto d' amore con l' arte intesa in senso lato.
«L' arte è una forza motivazionale, il punto più alto del pensiero umano, rende visibile l' invisibile. Può essere poesia, arte visiva, musica, cultura, qualunque cosa che induca a riflettere e ispiri a pensare.
L' ingrediente più importante in futuro per un cuoco sarà la cultura, perché aiuta a viaggiare in qualsiasi parte del mondo per capire che cosa sta succedendo intorno a noi e riempire il palato mentale», ci spiega.
Un concetto di rivoluzione messo in pratica anche nei diversi Refettori da lui promossi, grazie all' associazione no-profit Food For Soul creata con Lara, immancabile musa, consigliera e socia: da quello nato durante Expo a Milano a quello di Rio de Janeiro, poi Parigi, Londra, Napoli. Non semplicisticamente mense per i poveri, bensì luoghi in cui il bello e il buono si fondono e l' anima si ristora insieme allo stomaco.
A Parigi, per esempio, la sede è ospitata nella cripta della chiesa de La Madeleine. Ci hanno lavorato ( gratuitamente) gli artisti JR e Prune Nourry, l' architetto Nicola Delon e il designer Ramy Fischler. A Londra la interior designer Ilse Crawford, nota per le innovative idee di spazio e benessere. A Napoli Mimmo Paladino, che ha collaborato anche al Refettorio ambrosiano con Enzo Cucchi.
Perché è così importante che le sale siano pensate e impreziosite da artisti, viene da chiedergli? E Bottura è pronto a rispondere: «Perché il bello è considerato a torto superfluo. Certo, vengono prima i bisogni materiali. Ma le persone hanno diritto all' inclusione anche da questo punto di vista. Così possiamo non solo dare nutrimento, ma anche restituire dignità.
massimo bottura e la moglie lara gilmore 4
Accanto al problema della fame c' è quello dell' isolamento sociale » . Il bello e il buono, ci spiega, sono complementari. « Come insegna il filosofo tedesco Ludwig Wittgenstein, il Bello senza il Buono non è bello per niente. E il Buono ha bisogno del Bello per recapitare il suo messaggio».
Ma se gli si chiede se anche lui si consideri un artista, Bottura tira in ballo una definizione del critico Achille Bonito Oliva, quella di " artiere", figura tra artista e artigiano, un artigiano ossessionato dalla qualità. « Anche se » - sottolinea - « quando parlo di qualità del cibo non mi riferisco solo alla qualità delle materie prime, ma anche alla qualità delle idee».
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Colleziona opere d' arte e vecchi dischi in vinile, e spiega che « collezionare non riguarda il possesso, ma la volontà di preservare e condividere, perché il desiderio di circondarsi di arte sia uno stimolo a guardare il mondo da un' altra prospettiva».
MASSIMO BOTTURA - LE REFETTORIO A PARIGI
È chiaro fin dal primo ingresso all' Osteria Francescana, dove a controllare gli ospiti è il Security Guard, scultura iperrealista di Duane Hanson, prima di una serie di opere che quasi con umiltà si mettono a disposizione dei clienti in ogni angolo, dal Pistoletto degli anni Settanta alla coppia di piccioni di Cattelan ( già esposti alla Biennale di Venezia), dal monocromo rosa con pillole incastonate di Damien Hirst, al Matthew Barney, pezzo che fa parte del Cremaster Cycle, in bagno. Nessuna ostentazione. Puro invito a godere di tanta bellezza come del cibo nei piatti.
MASSIMO BOTTURA - LE REFETTORIO A PARIGI
E ci si immerge in un vero e proprio elegantissimo museo d' arte contemporanea anche a Casa Maria Luigia ( nome della madre di Massimo Bottura), una casa colonica del 1775, incarnazione alberghiera della loro filosofia che trasuda eclettismo: un mix di mobili vintage e design in tutte le dodici suite, camera della musica, opere sparse qua e là, quasi a omaggiare lo spirito dell' antica magione, salvata dal pignoramento, che all' inizio del secolo scorso era il cuore di lussuosi party in stile Gatsby. Una villa destinata alla fatiscenza, adesso luminosa di vita e piena di tesori da scoprire a poco a poco. Anche nei dodici acri di parco, giardini, orto (curato da Lara).
Ogni opera d' arte ha una sua storia, come la prima che Massimo e Lara hanno scelto anni fa, quel tableau senza titolo che parla di aldilà, di Marco Cingolani: « L' ho comprato quando è morto mio fratello Andrea » , ricorda lo chef. O come il trittico in lego di Ai Weiwei, Dropping a Han Dynasty Urn in cui il performer è raffigurato mentre infrange un vaso cinese di duemila anni: « Mettiamo il caso dovessimo far cadere un vaso. Ai Weiwei lo ha fatto. I frammenti di duemila anni di storia sono la fine o il proseguimento della storia?
L' artista non nega il passato, ma cerca di trasformarlo, letteralmente rompendolo, per poi creare il futuro ». È la metafora del processo creativo di Bottura, che infatti vede l' arte come la cucina: «Per evolversi deve avere uno sguardo al passato e la volontà di ricreare il futuro».
Ecco ancora le foto a colori di Wolfgang Tillmans, scattate a Berlino nei primi anni Novanta, l' opera Go/Stay di Barbara Kruger, il Carabiniere di Luigi Ontani, che veglia come un poliziotto di quartiere, e ancora la Black Flag di Robert Longo, il Pinocchio di Marcello Jori e molti altri pezzi. Che si alternano a elementi di puro comfort e design, dall' Extrasoft sofa di Piero Lissoni alle carte da parati di Gucci e sui soffitti gli affreschi originali perfettamente conservati.
Le sorprese continuano all' esterno, con sculture ben integrate nel paesaggio: dal Babbo di Sandro Chia, alla gigante testa di pietra di Enzo Cucchi, adagiata nel laghetto artificiale. Lo spirito di provocazione ludica, contrapposizione di raffinatezza classica e audacia, fa bella mostra sul balcone al primo piano: da lontano sembrano urne ornamentali ma sono coppe gelato in ceramica, di Giorgio di Palma, che gocciolano vernice pistacchio e fragola.
Le si nota entrando dal cancello della dimora, «per far capire fin da subito » , evidenzia Lara, « che qui non succedono le cose normali».
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