Alessandra Arachi per il “Corriere della Sera”
Ci sono molte lacune nell'applicazione della legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, la 194 del 1978. Il punto è l'obiezione di coscienza di medici, anestesisti, infermieri: è prevista dalla norma, ma questa prevede anche che quando ci sono obiezioni di coscienza, nel presidio sanitario deve comunque essere garantita l'interruzione volontaria di gravidanza.
Ma così non è. Perlomeno non lo è affatto in 31 strutture sanitarie, secondo i dati che le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove hanno raccolto in un libro inchiesta. E al 100% di obiezione nelle 31 strutture seguono almeno 72 strutture dove questa raggiunge l'80%. Sono 180 i luoghi che le due giornaliste hanno preso in considerazione (su 560 dove in Italia si pratica l'aborto) e i loro dati vengono supportati da quelli che il ministero della Salute ha presentato al Parlamento all'inizio di giugno.
È diverso il modo di raccogliere i dati, quelli del ministero sono dati aggregati, e ci dicono che a livello nazionale ci sono il 64,6% di medici obiettori, il 44,6% di anestesisti, il 36,2% di personale non medico. Con un picco nell'Italia del sud, 76,9% di medici obiettori, e nelle isole, 73,2%.
Nel nord Italia il dato è al 58,2%, nell'Italia centrale al 63,3%. Il picco delle obiezioni di coscienza è nella provincia autonoma di Bolzano (84,5%) seguita da Abruzzo (83,8%) e Molise (82,8%). E al contrario in Valle D'Aosta c'è il 25%, nella provincia autonoma di Trento il 35,9%. Non è facile far funzionare questa legge con questi dati.
Ma Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, vuole mettere in luce le lacune della norma dalla parte opposta: «Per quel che riguarda noi, continueremo semplicemente a chiedere e a operare affinché venga applicata la prima parte della legge 194 relativa alla prevenzione, e per dare alle donne una possibilità di scelta diversa da quella, troppo spessa obbligata, dell'aborto».
Meloni non vuole abolire la 194. Lo ha detto chiaramente: «Corre l'obbligo di segnalare alcune questioni abbastanza banali a chi usa anche la sentenza della Corte americana in tema di aborto per attaccare Fratelli d'Italia, vaneggiando di proposte di abolizione della legge 194: Usa e Italia hanno ordinamenti giuridici profondamente diversi e che non possono essere paragonati. Chi lo fa o è in malafede o lo fa per motivi ideologici».
Enrico Letta mette a fuoco il rischio per il diritto di abortire. Dice infatti il leader del Pd: «C'è un pericolo che esiste a partire dagli Stati Uniti, pensare che i diritti sono qualcosa di scontato. Abbiamo capito che non è così». Giuseppe Conte, leader del M5s, alza le barricate: «Non permetteremo che la 194 venga messa in discussione. Non consentiremo un ritorno al passato». Intanto i dati ufficiali ci dicono che gli aborti volontari sono in diminuzione. Erano 73.207 nel 2019, sono scesi a 66.413 nel 2020.
Anche in questo caso i dati aggregati del ministero ci offrono un quadro della situazione questa volta sull'età delle donne che abortiscono. Nel 2020 la fascia più numerosa è stata quella delle donne tra i 30 e i 34 anni (23%), seguita da quella delle donne tra i 35 e i 39 anni (21,6%) e tra i 25 e i 29 (20,2%). Ci sono aborti anche tra le donne che hanno più di 45 anni. Sono state 837 nel 2020, pari all'1,3 per cento del totale. Non ininfluente nemmeno il dato delle minorenni: tra i 15 e i 19 anni sono state 4.159 (il 6,3 per cento). Infine ci sono anche le giovanissime: hanno abortito in 125 sotto i 15 anni.