Estratto dell’articolo di Valentina Farinaccio, Foto di Lina Scheynius per www.repubblica.it
Entrare con le parole nel diario fotografico di Lina Scheynius significa avvicinarsi ancor di più alla sua intimità: i letti sgualciti, i corpi nudi dopo l’orgasmo, le bocche legate dal bacio, la luce che accarezza la pelle. E il desiderio, che fa danzare tutto. Quarantadue anni, svedese, un passato da modella, con i suoi scatti potenti, Scheynius indaga il piacere femminile esortando le donne a porsi delle domande. E a cercare sempre delle risposte.
Affrontare tematiche come il sesso e l’autoerotismo suscita pudori, imbarazzi. Secondo lei si può parlare ancora di tabù?
«È molto difficile rompere i tabù, sono incistati nella nostra cultura da decenni, da secoli. Internet sta agevolando molti cambiamenti, dando per esempio a donne come me un pubblico e una voce, ma ci sta portando, contemporaneamente, in una direzione opposta, in cui il desiderio femminile viene ignorato. Mi ha sconvolto verificare che sono pochi i film porno che includono orgasmi femminili.
Perché? Alla gente non interessa? Mettere il mio lavoro online, se contempla nudità o sesso, è complicato: io penso che sia un’importante alternativa al porno di massa, si occupa del corpo nel modo più premuroso e ampio possibile, eppure è sempre più complicato».[…]
Come fa a restituire a chi guarda le sue foto quell’effetto di totale autenticità e naturalezza?
«È necessario che la fotocamera non sia invadente: mi piace che sia lì, ma non che attiri l’attenzione. Ciò che conta è il momento. La persona che ho di fronte, la luce disponibile, l’umore. La macchina fotografica è uno strumento nella mia mano, come una penna. Ho iniziato con una 35 mm, ed è tuttora così. Amo l’idea di non poter vedere subito il risultato, di rivivere l’attimo fotografato soltanto dopo. […]»
[…] Instagram, invece, è una bestia diversa. È una macchina per fare soldi pilotata da un miliardario americano. Lo uso perché è ancora il modo più veloce per raggiungere tanta gente e perché sta diventando sempre più rilevante nel mondo dell’arte. Ma i regolamenti sono ormai severissimi e mostrare la mia opera come vorrei è impossibile.
Chi fa un lavoro simile al mio, che ha a che fare con il corpo, con la maternità o l’intimità, deve faticare parecchio per riuscire a esporlo su Instagram senza che venga rimosso perché infrange le linee guida sulla sollecitazione sessuale. Il risultato, infatti, è che in molti veniamo shadowbanned, nel senso che l’app nasconde i nostri account dalle funzioni di ricerca ed esplora. Nel post mi dicevo orgogliosa di questo per provare a guardare tutto da un’altra prospettiva: considerare la censura un segno del fatto che forse sto facendo qualcosa di giusto».
[…]
La passione. Di recente ho letto un articolo che esortava le donne a non fingere orgasmi: se continuiamo a farlo, diceva l’autrice, il partner penserà che è andata bene, e non farà mai nulla per migliorare la situazione. È d’accordo? Chi finge ha una grossa responsabilità?
«Non voglio giudicare le donne che fingono: ogni relazione è diversa. Di certo, vorrei che tutte vivessero rapporti in cui sentirsi al sicuro nell’esprimere ciò che vogliono, quello che piace loro. Per far sì che questo accada – che i nostri partner capiscano cosa vogliamo davvero –, è necessario che noi, per prime, impariamo a scoprirlo. A tradurlo in piacere e a esprimerlo.
Via via che invecchio, per esempio, mi godo il sesso infinitamente di più. Eppure, l’uomo medio mi considerava più desiderabile e sexy da giovane. Torniamo quindi al cuore di questa conversazione: quanto è aperta la nostra cultura al piacere femminile? Importa davvero a qualcuno? La risposta è che purtroppo c’è ancora molto da fare, per migliorare la vita delle donne».
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