Valerio Millefoglie per la Repubblica
Parliamo di architettura. Quella dell' Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo, in provincia di Torino. «Qui i ricercatori e i clinici lavorano in stretta sinergia e lo stesso luogo è stato concepito così architettonicamente», dice Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di Oncologia Molecolare dell' istituto che riceverà il prossimo 8 settembre a Madrid il premio internazionale della Società Europea di Oncologia Medica. «Quest' area è la piazza coperta, dove c' è il bar e dove la gente si ritrova - spiega Bardelli - i clinici e i ricercatori vengono a prendere il caffè e ci sono anche i pazienti. A me che non sono un medico ma un ricercatore colpisce sempre arrivare qui al mattino.
Alle 8:30, accanto a un paziente con la cannula dell' ossigeno, senza capelli: è un buon momento per ricordarmi perché faccio tutto questo». Nella motivazione del premio si legge che "Il suo lavoro innovativo sulla biopsia liquida ha aperto la strada per ottimizzare le diagnosi e le opzioni di trattamento per i pazienti affetti da cancro del colon-retto e lo ha reso uno degli scienziati più insigni nel campo della ricerca traslazionale". La biopsia liquida è un metodo non invasivo che, attraverso un prelievo, permette di isolare il Dna circolante che il tumore rilascia nel sangue. Il campione prelevato viene messo in coltura e diventa un modello in vitro. Un paziente da osservare e da curare al microscopio.
«La ricerca nasce da problemi clinici - racconta Alberto Bardelli - dieci anni fa era difficile fare una biopsia, il clinico non lo permetteva perché il paziente non ne beneficiava, così ricordo benissimo una telefonata fondamentale. Chiamai Salvatore Siena, oncologo medico, e gli chiesi: ma se io ti proponessi di fare un prelievo di sangue in modo sistematico sarebbe possibile?». Così in una stanza del laboratorio diretto da Bardelli, sotto un microscopio viene passato un vetrino con all' interno cellule di cancro provenienti da un paziente. Questo paziente potrebbe non esserci più. La malattia invece resiste ancora qui dentro, dove si osservano le sue mutazioni e si sperimentano l' efficacia di altri farmaci e di nuovi metodi diagnostici.
Continuiamo a parlare di architettura quando Bardelli mostra le brevi distanze che intercorrono tra la struttura dove si effettua la biopsia liquida e quella dell' anatomia patologica, tra la sala d' aspetto di un reparto e i laboratori, stesso piano, pochi passi, «Così l' informazione passa subito». Questa vicinanza fisica e d' interazione sembra essere la chiave per una ricerca che parta dall' uomo. «In Inghilterra ho fatto un dottorato in biologia molecolare. Studiavo il cancro da un altro punto di vista, per me era un solo modello sperimentale ». Poi il ricercatore dall' Inghilterra si sposta in America, dove lavora con Bert Vogelstein, un padre della genetica del cancro. «Lui lo studiava per sconfiggerlo non come modello, ma con un approccio molto pratico, che porti ad una soluzione per il paziente.
ISTITUTO PER LA RICERCA E LA CURA DEL CANCRO DI CANDIOLO
Gli oncologi arrivavano in laboratorio direttamente dalla sala operatoria con campioni di tessuto. Lì ho conosciuto il cancro, non lo vedevo più come un modello, era diventato una persona». Per rafforzare quest' immagine cita il libro L' imperatore del male. Una biografia del cancro, vincitore del premio Pulitzer 2001 per la saggistica, scritto da Siddharta Mukherjee, un collega conosciuto a un congresso. Il cancro come un essere vivente, con una biografia di quattromila anni.
Sullo schermo del computer Alberto Bardelli mostra una tavola dell' evoluzione per spiegare che questa non è una malattia ferma e che si evolve come l' uomo. Alla consegna del premio a Madrid mostrerà delle immagini come questa. Poi, conclude: «Le scienze mediche sono il mondo dell' ignoto. Ciò che è incomprensibile è affascinante. Il mio obbiettivo è sconfiggere il male».