Maurizio Belpietro per “la Verità”
Il commissario straordinario all'emergenza Covid ha annunciato l'intenzione di costituirsi parte civile in un eventuale processo contro il gruppo di intermediari che avrebbe lucrato sulle forniture di mascherine. I lettori della Verità sono a conoscenza di ogni dettaglio dell'indagine della Procura di Roma, perché in totale solitudine questo giornale ha anticipato molte delle mosse dei magistrati, cosa che peraltro è riconosciuta nell'ordinanza con cui sono stati sequestrati milioni, yacht, moto e beni di lusso comprati con i proventi del traffico di dispositivi di sicurezza.
Fin dal principio, quando ancora non erano stati eseguiti gli accertamenti e le perquisizioni, Giacomo Amadori ha raccontato lo strano caso di alcune società nate all'improvviso con la pandemia, e specializzatesi nella fornitura di mascherine. Un'attività non certo gratuita né dettata dall'intenzione di rendere un servizio di pubblica utilità in un momento di massima urgenza, ma piuttosto al puro scopo di arricchirsi sulla pelle degli italiani.
DOMENICO ARCURI CON LA MASCHERINA CALATA SOTTO IL NASO
Mentre decine di migliaia di persone morivano nelle corsie degli ospedali, mentre l'intero Paese era rinchiuso per evitare il diffondersi del contagio, c'era chi puntava a speculare sulla sofferenza e la paura, proponendosi come intermediario in cambio di laute percentuali. Le intercettazioni e le indagini della magistratura ci hanno fatto ritornare alla mente le ore successive al terremoto in Abruzzo, quando alcuni imprenditori senza scrupoli, pensando alla ricostruzione e ai guadagni che avrebbero tratto con gli appalti, si rallegravano per il disastro che aveva coinvolto intere comunità.
Ecco, con lo stesso cinismo la banda degli intermediari immaginava i profitti che sarebbero derivati grazie al Covid e alle buone entrature nella struttura commissariale.I personaggi che ruotano attorno a questa incredibile vicenda di speculazione sulla pandemia sembrano usciti da un film di Totò: un giornalista aspirante faccendiere, un imprenditore di poca sostanza, uno straniero specializzato nella vendita al dettaglio di bibite e frutta, più altre figure.
Cioè, nessuno degli improbabili fornitori aveva il benché minimo curriculum per essere ritenuto affidabile e fornire, in cambio di oltre 1 miliardo di euro, centinaia di milioni di mascherine. Giova ricordarlo, i soldi non sono di una società privata, ma sono usciti dalle casse dello Stato, cioè dalle tasche degli italiani.
Al contrario di ciò che il buon senso dovrebbe indurre a fare, il gruppetto è stato preso sul serio e trattato con il rispetto che si riserva a un importante partner. Il merito, a quanto pare, è dell'ex giornalista, il quale ha potuto vantare una diretta conoscenza proprio con il commissario all'emergenza, Domenico Arcuri.
È grazie al legame con l'amministratore delegato di Invitalia se Mario Benotti ha potuto fare il colpo della vita. Gli inquirenti hanno annotato oltre un migliaio di contatti telefonici, chiamate e sms, fra il super commissario e il super intermediario. La relazione di amorosi sensi pare che si sia interrotta solo quando i mediatori hanno fiutato il rischio che qualcuno fosse sulle loro tracce e così gli affari che la banda si augurava di poter concludere in futuro, con guanti, siringhe e forniture varie, sono andati in fumo.
FORNITORI DI MASCHERINE ALL ITALIA - APPALTI DEL COMMISSARIO DOMENICO ARCURI
Tutto ciò, ossia l'indagine, non ha però impedito a Benotti e ai suoi soci di incassare una plusvalenza di oltre 70 milioni, che il terzetto ha subito reinvestito in beni di lusso: yacht, orologi preziosi, bolidi a due ruote e così via. L'accusa nei confronti del gruppo, è traffico d'influenze illecite perché, nonostante i magistrati le abbiano cercate, al momento non hanno trovato tracce di corruzione di un pubblico ufficiale, vale dire che non esiste prova di tangenti.
Come dicevamo, Domenico Arcuri, appresa la notizia dell'inchiesta (ma se avesse letto il nostro giornale invece di farlo leggere dai suoi avvocati per minacciare querele e diffide avrebbe conosciuto i fatti molto prima), ha annunciato l'intenzione della struttura commissariale di costituirsi parte civile, anche se ancora non si sa neppure se ci sarà il processo.
Ovviamente a noi fa piacere che l'amministratore di Invitalia si senta vittima di un raggiro. Ma ci farebbe ancor più piacere se, oltre a rivendicare di essere stato imbrogliato e costretto a pagare decine di milioni in più, prendesse atto di essere stato un po' ingenuo a fidarsi di oscuri mediatori per un affare miliardario. Nessuno dotato di buon senso, a meno che non sia fesso, comprerebbe centinaia di milioni di mascherine da chi, prima dell'epidemia, si occupava di frutta e bibite, o anche solo di tv. Dunque, oltre ad annunciare l'azione civile nei confronti del gruppetto di intermediari, Arcuri dovrebbe contestualmente annunciare le sue dimissioni. Uno che si fa fregare in questo modo, non può gestire appalti e forniture per miliardi a spese degli italiani. Men che meno può avere in mano il destino della nostra salute.