“CI HANNO LASCIATO LÌ PER CINQUE GIORNI, SENZA DARCI CIBO, ACQUA, NÉ FARMACI” - IL RACCONTO DEI DETENUTI DI SANTA MARIA CAPUA VETERE, CHE DOPO LE BOTTE SONO STATI LASCIATI DAGLI AGENTI DELLA PENITENZIARIA IN CELLA IN CONDIZIONI DISUMANE: “DURANTE I GIORNI IN CUI SIAMO RIMASTI NELLA CELLA NON È PASSATO ALCUN SANITARIO, SOLO LA PRIMA SERA CI È STATO DATO UN ANTIDOLORIFICO IN FIALETTA DA UN CAPOPOSTO. NON AVEVAMO LA POSSIBILITÀ DI CAMBIARCI NEMMENO GLI INDUMENTI INTIMI, ANCORA SPORCHI DI SANGUE, E…” – VIDEO

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Fulvio Bufi per il "Corriere della Sera"

 

«Le condizioni della cella erano pessime, era sprovvista di coperte, lenzuola, tavoli e sgabelli, tanto è vero che per circa cinque o sei giorni siamo stati di fatto costretti a mangiare a terra».

 

«Nel Danubio sono rimasto quattro giorni in isolamento, in particolare la sera del 6 non ci è stato somministrato il pasto, né l' acqua, né i farmaci. Non ci è stata, altresì, data la possibilità di cambiarci per quattro giorni».

 

violenze sui detenuti al carcere di santa maria capua vetere 1 violenze sui detenuti al carcere di santa maria capua vetere 1

Eccole le voci dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere che raccontano cosa accadde dopo i pestaggi del 6 aprile 2020. In quindici dal reparto Nilo, teatro della perquisizione straordinaria e delle violenze, furono poi trasferiti al Danubio e obbligati a stare in due in celle di isolamento per una persona sola.

 

Il trattamento che fu riservato a tutti è ora, per alcuni dei poliziotti penitenziari arrestati, un capo di imputazione specifico. I racconti dei detenuti riportano la seconda parte dell' incubo vissuto, dopo quella delle botte e delle umiliazioni. L' ordinanza del gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere è piena di deposizioni su quello che accadde al Danubio.

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«Sono stato nella cella 16 per circa dieci giorni, di cui sei passati senza ricambi, lenzuola, e prodotti per l' igiene, oltre che senza mascherine. A distanza di sei giorni ricordo che è arrivato il dottor Puglia e solo in quell' occasione, per la precisione poche ore prima, ci sono state distribuite le lenzuola, un cambio e saponi per la doccia».

 

«Una volta collocati nelle stanze del Danubio, ci hanno lasciati lì per cinque giorni, con gli abiti sporchi e senza la possibilità di cambiarci nemmeno gli indumenti intimi, ancora sporchi di sangue. Non ci sono stati dati nemmeno il dentifricio ed i prodotti per l' igiene».

 

«Durante i giorni in cui siamo rimasti nella cella non è passato alcun sanitario, solo la prima sera ci è stato dato un antidolorifico in fialetta da un capoposto».

«Nei cinque giorni di detenzione nel reparto Danubio non mi è stato consentito di telefonare ai miei familiari».

 

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Il dottor Puglia citato in uno dei verbali è Marco Puglia, il magistrato di sorveglianza che la sera del 9 aprile decise di fare una ispezione nel reparto di isolamento del carcere di Santa Maria, subito dopo aver avuto un video colloquio, attraverso una piattaforma telematica, con un recluso che gli aveva riferito le condizioni in cui in cui si trovavano lui e altri.

 

Il magistrato è stato ascoltato dai pubblici ministeri che conducono l' inchiesta, e la sua deposizione non soltanto conferma in più punti quello che hanno detto i detenuti, ma si sofferma anche sull' atteggiamento assunto dagli agenti penitenziari durante la sua ispezione.

 

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«Entrai nella cella (...) sita al primo piano. Mi affacciai in bagno e vidi che non aveva alcuna dotazione e non vi era alcuna possibilità di pulirsi, il che considerando che ci trovavamo in piena emergenza Covid risultava ancor più indegno ed insalubre.

 

Ricordo con precisione che vi era il materasso di gomma piuma privo della copertura che, in assenza di lenzuola, era stato utilizzato come coperta. Mancava il cuscino ed il detenuto aveva arrotolato il materasso in modo che potesse fungere da cuscino», mette a verbale Puglia. E, riferendosi agli agenti, aggiunge che «tutti si sorpresero della mia presenza all' interno della casa circondariale alle ore 21.30. Rimasero basiti. In ogni mio spostamento fui seguito come un' ombra dalle tre unità della polizia penitenziaria, addette al Danubio. Percepii un leggero sgomento da parte loro per la mia presenza in loco a quell' ora tarda».

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