“COSÌ ANCHE UN CAVALLO PUÒ DIVENTARE PROFESSORE ORDINARIO” – ALL’UNIVERSITÀ DI TORINO È STATO SMASCHERATO UN CONCORSO TRUCCATO PER FAVORIRE LA FIGLIA DELL’EX PRIMARIO DEL REPARTO DI CHIRURGIA PLASTICA – I PROCURATORI HANNO INTERCETTATO GLI AUDIO E I VIDEO DEI PROTAGONISTI DELLA VICENDA PER FAVORIRE L’ENTRATA NELL’OSPEDALE – GLI INQUIRENTI: "SI MUOVE COME SE FOSSE LEI STESSA L'ORGANIZZATRICE DEL CONCORSO”

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Irene Famà per “la Stampa”

 

CONCORSO OSPEDALE TRUCCATO CONCORSO OSPEDALE TRUCCATO

«Anche un cavallo può diventare professore ordinario». Ecco come funziona in ospedale un concorso truccato. Per quanto bravo e promettente possa essere, se un candidato è un predestinato per cognome, rango familiare o affiliazione a una qualche cordata, avrà la strada spianata. E a Torino, gli atti dell'inchiesta su un concorso pubblico per un posto da professore associato nel dipartimento di Chirurgia raccontano, scrivono gli inquirenti, un «sistema consolidato e collaudato nel tempo». 

 

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Il processo abbreviato si è concluso ieri con due condanne e un'assoluzione. E racconta di professori eminenti riuniti in un comitato di interessi di casta piuttosto che imparziali valutatori di meriti. Quel posto aveva già un nome, quello del dirigente medico Maria Alessandra Bocchiotti. Lo sapevano tutti e il dottor Marco Fraccalvieri, primo escluso, in una conversazione registrata nel giugno 2018 con il professor Stefano Bruschi, primario ora in pensione e all'epoca, direttore del dipartimento di Chirurgia plastica dell'Università, lo dice chiaro e tondo tirando in ballo la massima del cavallo: «Non veniamocela a raccontare». 

 

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Fraccalvieri denuncia in procura: «Il professor Bruschi mi disse che quel posto era per Maria». I carabinieri avviano intercettazioni telefoniche e ambientali e la vicenda finisce in aula. Bocchiotti è stata condannata in rito abbreviato a sei mesi, il professor Bruschi a quattro. Un commissario di gara è stato assolto, altri due verranno giudicati con rito ordinario. I concorsi truccati non sono una novità ma sono difficili da provare. Lo dice l'avvocato di parte civile Michele Galasso: «In questo caso le intercettazioni audio-video della procura hanno consegnato al giudice il film di come si fa».

 

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 È scritto negli atti: tutti i protagonisti della vicenda erano «perfettamente a conoscenza dei meccanismi, ne hanno alimentato l'esistenza e si sono mossi con estrema disinvoltura all'interno degli stessi». Questa è una storia di nepotismo e malcostume. Maria Bocchiotti è figlia del professor Giovanni Bocchiotti, ex direttore della Struttura complessa di Chirurgia plastica (escluso dal procedimento per le sue condizioni di salute). Bruschi a lui deve molto, dice di «dovergli fare un monumento perché a suo tempo era andato controcorrente scegliendolo per farlo sedere nel posto che ora ricopre». 

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Così, davanti alla richiesta di dare una mano alla figlia, non si tira indietro. Il pm Giovanni Caspani, e prima il collega Roberto Sparagna, ricostruiscono i passaggi a cominciare dalla scelta della commissione esaminatrice. «La candidata si adopera per aiutare Bruschi a compilare la modulistica relativa alla nomina dei commissari». Tutte persone all'interno della sua cerchia professionale. «Si muove come se fosse lei stessa l'organizzatrice del concorso» al punto che, scrivono gli inquirenti, «in alcuni casi è parso addirittura che lei stimolasse e guidasse Bruschi». 

 

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Chiedeva di inviare delle e-mail ai commissari, di capire se avevano i requisiti, assicurarsi che la pensione imminente di uno di loro non creasse problemi. «Sono agganciati per il collo», si dicevano. Poi vengono stabiliti i criteri di valutazione orientati a favorirla. E ancora: si modella il curriculum, si individuano i titoli da presentare e quelli che bisogna far risaltare. Entrambi hanno contatti con gli esaminatori prima e durante i lavori della commissione. 

 

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Bocchiotti vince la selezione. «Leggeremo le motivazioni e faremo ricorso in appello» dice l'avvocato difensore Carlo Blengino. Ma le logiche di condizionamento dei concorsi universitari sono radicate come feudi cattedratici e lo spiega bene proprio Bruschi, assistito dall'avvocato Stefano Castrale, che, intercettato, racconta di quando Bocchiotti senior gli aveva detto: «A me del bisturi d'oro non me ne frega niente. Se c'è un posto da professore associato non sarà lei a prenderlo». 

 

Salvo poi cambiare idea e anni dopo chiedere il conto. «Ho guardato chi secondo me era più idoneo a prendere il mio posto - diceva Bruschi - Maria è brava e onesta». Ma hanno optato per la scorciatoia: che fosse vero o meno ora è più difficile stabilirlo.

 

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