Gian Guido Vecchi per www.corriere.it
«Si parlava di gogna mediatica, e ora sulla gogna ci sono io». Gli ultimi giorni, per Domenico Giani, sono stati assai difficili, «io che sono una persona per bene, retta e onesta». Alla fine non gli è rimasta che la soluzione che ci si attendeva, il comandante della Gendarmeria vaticana si è dimesso: «Avendo sempre detto e testimoniato di essere pronto a sacrificare la mia vita per difendere quella del Papa, con questo stesso spirito ho preso la decisione di rimettere il mio incarico per non ledere in alcun modo l’immagine e l’attività del Santo Padre. E questo, assumendomi quella “responsabilità oggettiva” che solo un comandante può sentire», ha spiegato nella dichiarazione affidata ieri ai media vaticani.
L’INCONTRO COL PAPA
L’ormai ex comandante - che sarà sostituito ad interim dal vice Gianluca Gauzzi Broccoletti - se ne va dopo vent’anni di servizio come «angelo custode» del Papa, responsabile della sua sicurezza a Roma e nei viaggi internazionali. Tutto è nato della «soffiata» intorno alle indagini sulle operazioni finanziarie e immobiliari della Segreteria di Stato: la «disposizione di servizio» firmata da Giani, con tanto di nomi e foto di cinque dipendenti vaticani «sospesi» il 2 ottobre, era stata pubblicata dopo poche ore dal settimanale L’Espresso e quindi su tutti i media. Francesco, molto irritato, aveva parlato di un fatto «la cui gravità è paragonabile a un peccato mortale».
E a quel punto non restava nient’altro da fare, anche se la Santa Sede chiarisce che Giani «non ha alcuna responsabilità soggettiva» e informa che «nell’accogliere le dimissioni, il Santo Padre si è intrattenuto a lungo col comandante Giani e gli ha espresso il proprio apprezzamento per questo gesto, riconoscendo in esso un’espressione di libertà e di sensibilità istituzionale, che torna ad onore della persona e del servizio prestato con umiltà e discrezione».
Lo stesso Giani dice: «La disposizione era stata inoltrata ad uso interno esclusivamente per gendarmi e guardie svizzere. L’uscita di questo documento, pubblicato da alcuni organi di stampa, ha certamente calpestato la dignità di queste persone. Anche io come comandante ho provato vergogna per quanto accaduto e per la sofferenza arrecata a queste persone».
PAPA RATZINGER E DOMENICO GIANI
«AMAREZZA»
Resta però «l’ amarezza» per una vicenda alla quale si sente «estraneo», confida. L’aver condotto indagini e perquisizioni, in questi anni, ha procurato a Giani molti nemici interni. C’è chi sospetta che la pubblicazione del documento riservato fosse un modo di colpirlo. «Vabbè, questo fa parte del gioco», considera amaro. In Vaticano c’è un brutto clima, la stessa indagine nasce da uno scontro fra la Segreteria di Stato e lo Ior.
«CALUNNIE»
Giani ha 57 anni, «ho dedicato 38 anni della mia vita al servizio delle istituzioni in Italia e del Pontefice». Prima della Gendarmeria era alla Guardia di Finanza e poi al Sisde, si dice che il Vaticano abbia contattato il premier Conte e si sia parlato anche di un impegno al Viminale. Intanto, però, Giani fa notare a chi gli è vicino ciò che aveva detto il 29 settembre, San Michele Arcangelo, durante la festa della Gendarmeria.
Parlava di «disciplina, obbedienza, fraternità, carità, umanità» e aggiungeva: «Pensiamo a quante energie si possono spendere per creare un nemico. Non riuscendo a utilizzarle al meglio per crescere, esse sono orientate verso un capro espiatorio, un nemico ricercato o molto spesso creato al solo scopo di abbatterlo».
E ancora: «Mi viene in mente Gioacchino Rossini e il Barbiere di Siviglia, “La calunnia è un venticello”, ma ancor di più quanto il Papa ha voluto sottolineare, “non sparlare degli altri”: mercoledì scorso ha definito la calunnia “un cancro diabolico”». Conclusione: «L’obbedienza deve sì coniugarsi alla lealtà e alla coerenza, ma anche a reciprocità d’intenti e di corrisposta quanto vicendevole correttezza».