Marco Gasperetti per il “Corriere della Sera”
enzo galli con la moglie e la bimba adottava in india 1
«Ha donato la sua vita per salvare la famiglia. Sapeva di essere stato infettato, stava già male, ma non mi aveva detto niente. Temeva che ci togliessero nostra figlia. Me lo ha confessato dopo la partenza dall'India». Simonetta Filippi, la moglie di Enzo Galli, 45 anni, morto mercoledì a Firenze di Covid, contratto in India durante le procedure di adozione di una bambina di 2 anni, non si muove dalla camera ardente della Misericordia di Campi Bisenzio.
Accanto a lei c'è l'avvocato Elena Rondelli, amica di famiglia, che si è battuta per far tornare in Italia la coppia organizzando una raccolta fondi per noleggiare un aereo sanitario con medico a bordo privato. «È stato davvero un angelo, mio marito - dice la signora - e adesso è tornato a volare. Nonostante le sue sofferenze ha cercato sempre di tranquillizzare me e nostra figlia. Anche prima di essere intubato. Lo ha fatto con un sms».
Che cosa vi ha scritto?
«Di stare serena anche se da domani non sarà più possibile parlare. "Amore mio mi affido totalmente alla volontà di Dio e alle decisioni che prenderete. Vi amo tanto. Stai sicura che Dio è più grande. Curati e abbraccia la bambina". Poi, prima di essere sedato e di spengere per sempre il telefonino, ha voluto vedere la bambina. Sino all'ultimo abbiamo sperato che ce la potesse fare, anche i medici la pensavano così. Poi mercoledì si è aggravato. La crisi è durata tre ore».
La prima ad ammalarsi di Covid in India fu lei. E fu proprio suo marito ad occuparsi della bambina che avevate appena adottato. Sono stati giorni difficili?
«Enzo aveva una premura fuori dall'ordinario, e un amore per la bambina indescrivibile. L'avevamo tanto desiderata e anche nelle difficoltà era contento. Mi chiamava, quando avevo linea, per chiedermi come comportarmi.
Se non c'era linea al mio cellulare telefonava in Italia alla nostra amica, l'avvocato Elena Rondelli. E anche lei gli dava i giusti consigli sul pannolone, la pappa e le premure che bisogna avere per una figlia. Ma non c'era bisogno, sapeva istintivamente come fare, era già un padre modello».
Vi hanno aiutato in India?
«Ringrazio il console Daniele Sfregola, è stato straordinario. Ma l'ambasciata italiana non la devo ringraziare, ci ha lasciato soli, non ci ha aiutato. Eravamo andati a chiedere i visti per tornare al più presto in Italia perché la pandemia in India sembrava ancora più terribile. Ci hanno buttato fuori dicendo che c'era il lockdown e dovevamo prendere un appuntamento. Ce l'hanno dato dopo una settimana e quella settimana è stata fatale».
Perché è stata fatale?
«Perché nel nostro albergo c'è stato un matrimonio con centinaia di persone con una sicurezza vicina allo zero. E lì che ci siamo contagiati. Prima io e mio marito. Se non ci fosse stato quel ritardo Enzo sarebbe ancora vivo probabilmente».
Il ritorno è stato difficile?
«Se non ci fosse stato l'impegno in Italia di Elena, ma anche del sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi e una raccolta di fondi saremmo rimasti India chissà per quanto tempo. Abbiamo pagato il volo sanitario 134 mila euro, lo Stato italiano non ha tirato fuori un centesimo».
Sua figlia come sta?
«Sta benissimo. In questo momento sta giocando, è felice, è inconsapevole, sta scoprendo il mondo. Verrà il tempo anche per questo dolore. Verrà il tempo».
Che cosa le racconterà di lui?
«Che se anche lo ha vissuto poco, era un papà straordinario che le ha voluto tantissimo bene. Sempre pronto ad aiutare gli altri. Capace di alzarsi di notte, e io con lui, per aiutare una coppia di amici. Sempre pronto, e io accanto a lui, a fare il volontario all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze».
I medici del «Careggi» le avevano dato qualche speranza?
«Sono stati eccezionali. Il dottor Adriano Peris e la sua equipe sono andati al di là della loro professione. Ci hanno regalato umanità, comprensione, coraggio. Hanno sperato anche loro sino alla fine che Enzo ce la potesse fare».
Non è andata così. Però, nella tragedia e nel dolore, qualcosa di buono c'è da raccontare. È nata una famiglia.
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