Giangiacomo Schiavi per il “Corriere della Sera”
Come sta?
«Da sopravvissuto. Con femore e spalla fracassati».
Una spinta nel tentativo di rapinarla?
«No. Mi ha fregato la reazione a uno scippo maldestro. Ho cercato di fare l' eroe senza esserlo».
A 92 anni...
«Gia. Volevano raggirarmi all' uscita dalla banca. Hanno pensato: ecco un vecchio rincoglionito. Mi hanno fatto sentire uno sprovveduto. Ma io non sono così. Vecchio sì, ma rincoglionito no».
E allora...
«Ho inseguito lo scippatore che cercava di salire sull' auto del complice e l' ho trattenuto per il braccio, mentre il socio accelerava. Sono caduto a terra e mi hanno trascinato per qualche metro...».
Sembra un film, poteva finire molto male.
«È un paradosso per un regista sentirsi dentro a un brutto film: come il cow boy sbalzato di sella che resta con il piede impigliato nella staffa del cavallo imbizzarrito...».
Vito Molinari è ricoverato in una stanzetta dell' Humanitas, tre giorni fa l' hanno operato all' anca, il braccio e la spalla sono irrigiditi da un tutore, il cuore viene tenuto costantemente sotto controllo. Ma rivede le fasi dell' agguato subito a Milano, tra piazza Wagner e via Monterosa, come se fosse nella sala di montaggio della Rai, quella di cui è stato uno dei padri fondatori, dalla trasmissione inaugurale del 1954 ai duemila Carosello, passando per sceneggiati e varietà del sabato sera.
Scena numero uno.
«Ero appena uscito dalla banca con mille euro in contanti. Pochi passi verso via Monterosa e una macchina si mette di traverso davanti a me, mi sbarra la strada. Sono costretto a fermarmi. Si apre di colpo una portiera e scende un giovane che mi viene incontro in modo festoso».
Scena numero due...
«Il tizio mai visto mi saluta come un vecchio amico: ciao, da quanto tempo non ci vediamo? Lo guardo perplesso: io non ti conosco, dico. E lui: ma come, abbiamo anche mangiato insieme. Come stai?».
Non comincia a sospettare qualcosa?
«Capisco che devo uscire da un cul de sac . Siamo in pieno giorno, in una zona bene della città: gli faccio segno di lasciarmi passare, non abbiamo niente da dirci».
E il fantomatico amico?
«Va avanti a raccontarmi la sua vita, che io non conosco. Mi sono sposato, dice, ho messo su un negozio, voglio regalarti tre dei miei meloncini. A questo punto ho risposto secco: non mi interessano. Ma lui ha insistito: prendili, se vuoi dai una mancia al mio socio».
Sembra un film di Checco Zalone...
«Pur di togliermelo dai piedi ho messo una mano nel taschino interno della giacca. Lì tengo qualche biglietto da cinquanta e da venti euro tenuti insieme da un fermaglio.
Mentre cercavo dieci euro lui li ha visti e si è buttato su quei soldi come una belva, correndo verso l' auto del complice».
Quanti erano quei soldi?
«A spanne, duecento, duecentocinquanta euro. Con il senno di poi dico che avrei dovuto lasciarlo andare, ma mi ha preso una rabbia tale per essere stato preso in giro che l' ho inseguito. Mi sono sentito un cretino».
Invece ha reagito come Rambo.
«In certe circostanze non ragioni più con la testa. Se avessi avuto una pistola, giuro che gli avrei sparato alle gambe. Mentre lui si buttava sul sedile sono riuscito ad afferrarlo per il braccio, ma il complice ha accelerato e sono stato trascinato sull' asfalto. E così eccomi, con femore e spalla rotti».
Scippi e truffe agli anziani sono qualcosa di miserabile e vigliacco, un accanimento su chi è più vulnerabile. La sua difesa è stata legittima, ma ha rischiato la vita per poco più di duecento euro.
«Questo è stato un errore, lo dico per altri cittadini che possono avere come me una comprensibile reazione istintiva. Non bisogna fare l' eroe, non essendolo».