Monica Scozzafava per corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Il film dell’orrore di sabato 15 maggio è sempre più nitido nella testa di un uomo che per una decina di minuti ha creduto che sua moglie stesse morendo davanti ai suoi occhi: Veronica Carrasco travolta e quasi uccisa da una moto mentre è seduta al tavolinoall’aperto del ristorante di suo marito, Raffaele Del Gaudio. Siamo a Forcella, teatro dell’ennesima «stesa»: i ragazzi del quartiere sfrecciano su mezzi di grossa cilindrata a tutta velocità per affermare il controllo del territorio. Talvolta sono armati e sparano in aria. Veronica rischia la morte (e non è ancora fuori pericolo), soltanto perché si trova nella traiettoria sbagliata di una moto che perde il controllo.
È stata in coma farmacologico per dieci giorni. Sabato 15 maggio è un pomeriggio di primavera: la donna, seduta al tavolino all’aperto del ristorante, viene scaraventata da un lato all’altro della stradina da una motocicletta che sfreccia a tutta velocità. Non ha il tempo di chiedere aiuto, finisce sul selciato priva di sensi. Suo marito la soccorre e mentre aspetta l’ambulanza si ritrova accerchiato da venti ragazzini che minacciano. «Ti uccidiamo se racconti cosa è successo». Raffaele non si lascia intimorire: «Li ho riconosciuti tutti e li ho segnalati.
Qui molti si girano dall’altra parte, io non l’ho mai fatto». Forcella è un quartiere napoletano ricco di storia, un tempo regno incontrastato della camorra e oggi ostaggio delle «paranze»: ragazzi che delinquono nel solo intento di intimorire, di affermare la supremazia. Raffaele trascorre le sue giornate davanti all’ospedale Cardarelli dove la donna è ricoverata in condizioni ancora gravi. Veronica è stata trasferita dalla Rianimazione in un reparto di degenza ordinaria dopo un primo intervento alla tibia e al perone, ma il percorso è ancora lungo: l’emorragia interna preoccupa i medici e oggi deve essere sottoposta ad una nuova tac per il monitoraggio degli organi addominali. Poi verranno altri interventi.
È cosciente, lucida nonostante il dolore alle articolazioni (dovrà essere operata anche alla mandibola) tenuto a bada nei giorni scorsi anche con la morfina. Si chiama coma farmacologico, che le ha permesso anche di non pensare a quello che le è capitato. Mentre Raffaele, durante le attese infinite davanti all’ospedale, rivive il dramma minuto per minuto. Una, due, tre e mille volte.
Abita e lavora a Forcella, si è mai sentito in pericolo?
«Conosco e amo la mia città, ho lavorato in mezza Europa e poi ho scelto di stabilirmi qui perché guai a chi parla male di questa città. Resto al Sud, il progetto imprenditoriale che mi ha permesso di avviare “Cala la pasta”, la piccola attività di ristorazione che gestisco con i miei fratelli, non è stato soltanto un mezzo per ottenere un sostegno economico. Ma una convinzione precisa: Napoli merita sviluppo, i suoi figli non possono tradirla.
Abitiamo con Veronica in un quartiere difficile ma per fortuna abbiamo una mente aperta avendo anche viaggiato molto. Non ci spaventiamo, e tutto sommato anche tolleranti. Siamo sì osservatori della criminalità dilagante, dell’assenza di controllo da parte delle forze dell’ordine. Siamo coscienti come tutti che qui si spaccia, si evade dai domiciliari, qui rapine e furti sono quotidiani. E con gli altri commercianti abbiamo sprecato tempo e carta per depositare le denunce. Ma l’amore per la città è sempre stato più forte, anche della depressione per esserci sentiti abbandonati nella terra di nessuno. Adesso, è chiaro, inizio a cedere all’idea di andare via. Quando Veronica starà bene, ne parleremo. Lei si è trasferita dal Cile, dove è nata, cinque anni fa, una donna appassionata di arte e cultura. Capace di cogliere l’attimo con la sua macchina fotografica e rendere bellissima l’istantanea di qualsiasi vicolo del quartiere».
La scena di ciò che le è successo resterà immortalata nel suo cuore.
«Un film dell’orrore, un incubo. Penso spesso: chissà se Veronica un attimo prima di essere travolta si è resa conto. Se ha pensato: ora mi uccidono. Quando l’ho vista riversa in strada priva di sensi ho creduto fosse morta. Venti minuti interminabili prima che la seconda ambulanza riuscisse ad arrivare, mentre vedevo gente scappare. Mentre nel mio ristorante entravano una ventina di ragazzi e minacciavano mio fratello».
Tutto questo mentre Veronica a terra rischiava di morire?
«Sì, la scena più drammatica è stata il dopo: il ragazzo che l’aveva travolta è scappato ma tempo cinque minuti e la «paranza» è venuta a farci visita. Io piangevo, tentavo di capire se Veronica respirasse e lo mi dicevano: sappiamo chi sei e veniamo ad accoltellarti. Mi minacciavano, sono entrati nel locale hanno bloccato i miei fratelli e i dipendenti. Questa è stata la barbarie. Ed è questa la scena che non dimenticherò mai. Li ho visti tutti in faccia, li ho segnalati alle forze dell’ordine».
Adesso ha paura?
il marito di veronica carrasco e sandro ruotolo
«Non mi sento il paladino della giustizia ma io so da che parte stare. Qui tutti sanno chi e dove si spaccia. Tutti, forze dell’ordine comprese, non vogliono accorgersi di vicende che conoscono. Qui, e solo in questo tratto di strada, non ci sono telecamere. Ho denunciato con un video tutto questo».
Qui lei ha aperto la sua attività...
«Con orgoglio, e mi ha dato tantissime soddisfazioni. I turisti vengono da noi e ci recensiscono benissimo. Abbiamo fatto le cose per bene: tre assunzioni con contratto a tempo indeterminato, mio fratello ha studiato per diventare cuoco ed è qui. Ci abbiamo messo passione e coraggio. Spero non vada tutto in frantumi»
In che senso?
«Ho dovuto ridurre gli orari perché io non mi muovo dall’ospedale e non posso lavorare. Ho bisogno di uno chef e non lo trovo, i turisti continuano a venire ma parecchia gente del quartiere si tiene alla larga. Per fortuna Napoli non è tutta così e molti ci stanno testimoniando affetto e vicinanza. La manifestazione di qualche giorno fa nel quartiere mi ha commosso. La vicinanza di Sandro Ruotolo così come del vescovo Mimmo Battaglia ci ha rincuorati . Stamattina al Cardarelli è venuta tanta gente a donare sangueper Veronica».
La famiglia di sua moglie è arrivata dal Cile?
«Certo, li ho chiamati la sera stessa. I medici mi dissero: avvisi subito la famiglia, li faccia venire. Sua moglie è molto grave. Si sono stabiliti a casa nostra, anche loro increduli. Preoccupatissimi. Vivono i un paese dove il crimine è dilagante, dove ancora oggi in certi quartieri le ragazze vengono stuprate per strada. Per loro Veronica qui era al sicuro. Invece hanno rischiato di perderla. E io sono qui sotto ad aspettare segnali di ripresa. È viva, e questo conta. Ma il percorso di guarigione sarà lungo e difficile. Avremo bisogno anche di uno psicologo. Non so cosa mi dirà un giorno, quando realizzerà definitivamente cosa le è capitato».