Estratto dell’articolo di Luca Mastrantonio per il “Corriere della Sera”
La sera del 7 marzo 2021, Edith, di 2 anni, muore soffocata con un cuscino a Cisliano, nel milanese. La corte d’Assise di Pavia il 12 gennaio scorso ha condannato per omicidio la madre, Patrizia Coluzzi, a 12 anni di reclusione più 5 in una residenza di sicurezza (pena ridotta per semi-infermità mentale).
Il padre di Edith, William Anzaghi, oltre al dolore della perdita, ha dovuto sopportare le accuse che lei gli aveva mosso dipingendolo come un violento. Denunce poi archiviate mesi dopo la morte di Edith, mentre quelle dell’uomo contro la donna, per diffamazione e sottrazione di minore, non hanno scongiurato l’epilogo. […]
PATRIZIA COLUZZI CON LA FIGLIA EDITH
Edith, perché questo nome?
«Un omaggio a Edith Piaf. Aveva occhioni e boccoli da diva d’altri tempi. All’epoca tutto andava bene. Il Covid ha fermato i nostri progetti. Riprendere per me era più facile: uscivo, portavo i figli a scuola, andavo al bar, li riportavo a casa. Lei stava sola con la piccola a casa. Lì qualcosa si è rotto. Era gelosa, mi controllava il telefono, mi pedinava. Dopo che me ne ero andato di casa, a fine novembre 2020, aveva messo dei localizzatori satellitari nella mia auto».
Perché se ne era andato di casa?
«Lei aveva pubblicato su Facebook delle foto sue, con tagli e macchie di sangue, e video e messaggi miei, per sostenere che ero un mostro, pericoloso per lei e la bambina».
C’erano stati episodi di violenza?
«Discussioni, qualche lite. Ma non ho mai alzato una mano né su di lei né sulla bambina».
William Anzaghi con la figlia edith
Come si spiega quel post?
«Avevo bloccato la carta di credito, mancavano migliaia di euro dal conto dove versavo i soldi per entrambi. La sera, dopo il post, ho saputo da sua nipote che Patrizia era all’ospedale per un tentato suicidio. Lì non mi hanno detto niente di più. A casa non c’era nessuno, Edith era dai genitori di Patrizia, non me la facevano vedere. La mia roba era stata buttata via. Così sono andato dai miei».
Come ha vissuto con l’accusa di uomo violento prima e dopo la morte di Edith?
«Malissimo. A parte chi mi conosce davvero, e sa che persona sono, c’erano clienti che non venivano al bar. Poi mi hanno chiesto scusa, dopo i funerali di Edith».
Cosa ricorda di quel 7 marzo 2021?
«Il pomeriggio mi aveva detto di incontrarci, ma io avevo il bar. A ora di cena, mi fa una videochiamata con Edith. “Guarda come ci siamo fatte belle per te” diceva. Abbiamo parlato della separazione, era contraria. Altra videochiamata, un’altra, inquadra Edith nel letto, sembra dormire, e dice “guarda cosa hai combinato”, si inquadra dicendo “non vuoi capire un c…, vuoi veramente farle del male”.
Pensavo a una delle sue boutade, era teatrale. Mi manda messaggi, poi mi chiama e dice “sei libero di dedicarti alle tue cazzate e al tuo bar”, e poi “Edith non c’è più” e chiude. Richiama: “Chiama la polizia, Edith non c’è più”. E lì ho capito, era davvero successo qualcosa. Lei ha fatto quelle telefonate mostrando di intendere che cosa stava per fare e ha fatto, e accusandomi”».
Cosa dice della condanna di primo grado?
«Non mi ridà Edith. Ero stanco, per un anno tutte le domeniche andavo al cimitero. Se non fosse stato per i miei avvocati, Enrico Loasses e Michele Cinquepalmi, avrei mollato. Ma ho pensato anche agli altri ragazzi, i due figli del primo marito, adoravano Edith. Dovevo reagire».
Che risposta si è dato sul perché del gesto?
«Una vendetta nei miei confronti, sapeva che io per quella bambina avrei fatto di tutto».
Prova rabbia?
«Ce l’ho con lei ma pure con le istituzioni. Tante sono state interessate e nessuna è intervenuta. Anche i carabinieri erano impotenti, non c’era modo di farmi vedere mia figlia, anche se era un mio diritto. Capisco che io sono un uomo, nel 99% dei casi succede il contrario, le donne sono vittime, però per mesi nessuno mi ha dato davvero ascolto».