Estratto dell’articolo di Rosanna Scardi per bergamo.corriere.it
stupro sul treno DEI PENDOLARI MILANO-BERGAMO
Paura per essersi sentita impotente e rabbia per l’indifferenza di chi poteva aiutarla e, invece, le ha voltato le spalle. La ragazza di 21 anni, che ha subìto violenza sessuale sul treno del passante milanese che collega Varese a Treviglio, tra le fermate del metrò di Porta Garibaldi e Porta Vittoria, è ancora sconvolta. Per guarire le ferite psicologiche ha scelto di raggiungere i genitori nella loro casa in Toscana alla ricerca di un po’ di serenità.
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Come sta?
«Non smetterò di viaggiare, ma quanto accaduto ha impattato molto sul modo in cui considero la realtà; ora ho un’idea negativa di cosa significhi essere su un treno o in metrò. Mi è rimasto il trauma legato a “quel” posto, la metropolitana di Milano, nel tratto in cui ho subìto l’aggressione. Ed è cambiata la mia percezione del pericolo: ora so che qualcosa di brutto può accadere e travolgerti quando non te lo aspetti».
Colpisce sapere che, nel vagone, lei e l’aggressore non eravate soli.
stupro sul treno DEI PENDOLARI MILANO-BERGAMO
«È così. Insieme con noi c’era un giovane sui trent’anni. Credo che abbia visto la scena iniziale o intuito quali fossero le intenzioni dell’altro passeggero. C’è stato un attimo in cui ho incrociato il suo sguardo, ma è andato via. Ha pensato di lavarsene le mani. E ha la coscienza sporca tanto quanto il mio aggressore».
Ha mai pensato di poter essere vittima di violenza?
«Ora vivo e lavoro in Germania e lì non mi è mai successo niente. In Italia invece sono frequenti le molestie o il cat calling in strada. Un episodio grave di violenza sessuale mi capitò quando avevo 14 anni. In quel caso il responsabile era un ragazzo maggiorenne, che non sono mai riuscita a denunciare. Adesso ho compiuto un grande passo denunciando perché subito dopo quella prima volta non ce l’avevo fatta».
Allora che cosa la fermò?
«Paradossalmente un centro che assiste le donne vittime di violenza. Mi ero informata, avevo coinvolto i miei genitori, ma i professionisti di quel centro mi sconsigliarono caldamente di sporgere denuncia. Mi dissero che non avevo prove che il fatto fosse successo, che non valeva la pena tentare; poi mi sono fatta forza e mi sono recata io dalle forze dell’ordine, ma era passato troppo tempo. Limitare il tempo entro cui sporgere denuncia è terribile: la vittima ha bisogno prima di processare quanto subìto».
Ora la denuncia c’è.
«Ho presentato denuncia alla Polfer di Treviglio. Il pensiero che l’aggressore potrebbe fare quello che ha fatto a me ad altre donne o ragazze mi inquieta. Ed è molto probabile che lo rifaccia. Ho voluto fare il possibile per poter mettere al sicuro altre donne; è un obbligo morale».
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