Estratto dell'articolo di Giovanna Cavalli per il "Corriere della Sera"
Carlo Conti Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello
«La formazione era quella a cinque già collaudata tre anni prima a Pollina: io, Leonardo Pieraccioni, Maurizio il commercialista, Domenico, che è un po’ il nostro conte Mascetti – in teoria dovrebbe lavorare in Regione ma in pratica non fa nulla - quattro fiorentini più un napoletano, l’attore Lucio Caizzi. Il viaggio lo proposi io: “Ragazzi, che dite, si va una settimanina in un villaggio a Zanzibar?”».
Reazioni?
«Al terzo tentativo la proposta fu approvata. Ritentammo il colpo. Partimmo alla fine di febbraio del 2005, data a cavallo tra il compleanno di Leo e il mio. Eravamo tutti single, io per mia scelta, lui invece aveva da poco chiuso una storia ed era perciò un po’ depresso, contavamo di tirarlo su», racconta Carlo Conti rievocando quell’avventura di 18 anni fa in stile Amici miei, che al tempo fu evento più unico che raro: «Lavoravo di continuo, anche d’estate, serate su serate.
CARLO CONTI E LEONARDO PIERACCIONI
Non sono mai stato un grande viaggiatore, ho cominciato da quando mi sono sposato, mia moglie Francesca starebbe sempre in giro, ho fatto più vacanze con lei in questi ultimi 11 anni che in tutto il resto della mia vita». Quella volta invece il clan degli scapoli si organizzò per benino.
Bagaglio minimal o fuori misura?
«Un trolley a testa con l’indispensabile: costume, ciabatte, pantaloncini e magliette. E per me l’inseparabile maschera da snorkeling. Volo diretto, senza intoppi. Bel villaggio. Solo che Leo la mattina dopo voleva già tornarsene a casa».
Ma no, come mai?
«Gli era presa male, una botta di tristezza. Forse anche perché, la sera prima, avevamo dato un’occhiata alle ragazze dell’animazione e non erano granché carine […] A colazione ci annunciò cupo: “Riparto, riparto, me ne vo subito, cerco il primo volo e me ne torno a Firenze”. Gli altri si sono agitati, io che lo conosco sapevo che gli sarebbe passata».
[…] Tornando a Zanzibar, insomma,poi la botta di malinconia di Pieraccioni gli passò?
giorgio panariello carlo conti leonardo pieraccioni
«Sì, per merito del meraviglioso buffet, allestito con ogni bendidio, che riportò l’allegria. E forse anche a qualche altra presenza femminile, non accompagnata, che faceva ben sperare […] ».
L’eterna lotta tra mattinieri e tiratardi come andò?
«Leo dormiva fino a mezzogiorno. E anche Lucio, che venne confinato nel bungalow più lontano, perché russa moltissimo, fa un fracasso impressionante. Io alle 9 ero già in spiaggia a rifinire l’abbronzatura, dopo il primo giorno ero già più scuro di quanto non fossero loro a fine vacanza».
La zingarata di gruppo?
«Volevamo a tutti i costi andare a visitare la ex casa di Freddie Mercury, nel quartiere storico di Stone Town. Abbiamo noleggiato l’auto e siamo partiti in pellegrinaggio ma poi, arrivati lì davanti, l’entusiasmo era scemato. “Che si fa, scendiamo?”. “No”. Ed è finita che abbiamo tirato dritto, non l’abbiamo mai vista».
Momento indimenticabile?
«La partitella a pallone sulla spiaggia con dei bambini, alcuni italiani e alcuni stranieri, noi cinque contro sette di loro. Fortissimi, come correvano. Una fatica boia, restammo senza fiato, con la lingua di fuori. Il primo a mollare fu Lucio, poi Domenico e Maurizio. Restammo in campo io e Leo, con una ragazza reclutata come portiere. Una disfatta: perdemmo 7 a 3».
Imprese in solitaria?
«Sono fissato con la pesca, una mattina uscii in barca con due tipi del posto, prendemmo due dorados, così li chiamano lì, che sarebbero due lampughe, lunghe un metro, tornai a riva orgogliosissimo. “Guardate che vi ho portato”. Leo era il solito scettico: “Le avrai comperate al supermercato”. Però poi se le sono mangiate eh».
Da Zanzibar al Kenya, riserva di Masai Mara.
«Safari fotografico nella savana. Dormivamo in tende di lusso piantate a cerchio sulla riva del fiume, con le scimmiette che venivano a bere mentre noi, intorno al fuoco, sorseggiavamo un vinello toscano. Una sera però scoppiò un temporale pazzesco, sembrava una scena di Jurassic Park».
La natura selvaggia non era rilassante?
«Mica tanto. Di notte dormivamo poco, perché si sentivano dei ruggiti spaventosi che sembravano molto vicini, appena fuori dalla tenda. O un rumore fortissimo di passi, quando si spostavano gli elefanti. I guardiani ci avevano spiegato che in realtà gli animali erano lontani. Probabilmente c’erano dei sistemi di protezione. Fatto sta che al mattino eravamo tutti mezzi rintronati dal sonno».
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E quindi non sapremo mai se il giovane Pieraccioni si consolò dai dispiaceri amorosi in quel di Zanzibar.
«Diciamo pure che tornò più allegro dopo la partita a pallone sulla sabbia. E grazie al buffet!».
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