Adriana Marmiroli per “Specchio – la Stampa”
«Ha mai notato che di fiction e serie dedicate ai vivi non se ne fanno? È che portano male». Attore, regista e produttore hard core, Rocco Siffredi riflette ad alta voce a sei mesi dall'uscita di Supersex, gran successo di Netflix (con 103 milioni di visualizzazioni è la serie italiana più vista del 2024). […] Poi subito sdrammatizza.
«L'hanno fatta anche su Francesco Totti: e guarda come è finito il suo matrimonio». E così viene fuori che è anche un po' per sfatare la malasorte se ha deciso di salire su un palco e mettersi metaforicamente a nudo, lui che in scena nudo lo è stato sempre. Vita pubblica e momenti privati condensati in Siffredi racconta Rocco - la tournée sta per arrivare a Roma, il 18 - alla regia Paolo Ruffini.
Cosa racconta?
«Il titolo lo suggerisce: il personaggio Siffredi svela gli aspetti più intimi dell'uomo Rocco, aiutandosi con foto e video e un sottofondo musicale. Evito le cose più note, magari già viste nel documentario e nella serie: aneddoti divertenti, dietro le quinte del mondo del porno, i suoi cambiamenti negli anni, e poi momenti anche dolorosi della mia vita personale, l'infanzia, mamma e papà, i miei fratelli, mia moglie... I primi test sono stati più che incoraggianti: il pubblico ha riso e si è commosso».
[…] Parlare di sé è un effetto dei 60 che hanno imposto un bilancio?
«È mia moglie che ha insistito: "Quando parli di te sei divertente, hai una montagna di aneddoti...". L'idea mi ronzava nella testa da quando avevo visto il documentario di Spike Lee su Mike Tyson: lui seduto tranquillo che si raccontava, rideva e piangeva. L'ultimo samurai era partito da lì, ma poi era diventato altro. Paolo Ruffini è arrivato nel momento giusto: lui perfettamente allineato con me. Ho scritto da solo, fatto decine di revisioni, letto e riletto, limato. Ne è uscito un monologo con sorpresa finale: mia moglie Rozsa».
[…] Soffre di depressione?
«Solo se resto inattivo. Allora mi pare che mi cada il mondo addosso. La vita ha senso solo se la vivi».
[…]
A questo punto della carriera e della vita, cosa le manca?
«La libertà. Intesa come scotto che pago per il successo (non ne posso più: brucerei tutti i telefonini) e come cambiamento dei costumi in senso conformista. Una volta c'era libertà nella sessualità. Ora anche nel porno ci sono le regole del politicamente corretto che ti ingabbiano, consensi da dare, cose che non si possono fare o dire, orari da rispettare. Da questo punto di vista sento di avere vissuto gli anni migliori».
Viviamo in un'epoca di neoconservatorismo?
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«Di facciata, direi, visto che poi sul web si può mettere qualunque cosa e che chiunque può vederle, a qualunque età. E così le giovani generazioni crescono con un'idea completamente distorta del sesso, visto che di fatto quella è l'unica "educazione sessuale" cui hanno accesso».
Cosa ha reso gli '80 e '90 irripetibili?
«C'era la scoperta della libera sessualità. E qualche paradosso, anche. Ricordo una ragazza su un set americano: in lacrime, disperata perché uno degli operatori aveva continuato a riprenderla anche durante la pausa. "I mie genitori non sanno che fumo" piangeva».
Ma erano anche gli anni dell'Aids...
«L'Hiv colpì tutto sommato pochissime persone, per lo più interpreti che si prostituivano, promiscui sessualmente o che si drogavano. Ci fu un caso clamoroso, di un attore che contagiò sette colleghe. Da allora vennero attuati serissimi protocolli e le analisi fatte quasi giornalmente affidate a un unico laboratorio di fiducia. Oggi che la terapia ti protegge, purtroppo c'è un incremento di casi di sifilide e gonorrea: accade perché l'ambiente è sempre meno professionale, con attori improvvisati».
In cosa ancora è cambiato il porno?
«Il politicamente corretto sta facendo danni enormi. La pornostar naturale non esiste più. Quello che si vede è artefatto e si ricorre agli "effetti speciali". Le nuove generazioni sono "dopate": pronte subito. E quello che si vede non è sperma ma Gaviscon».
Il porno era una cosa solo per maschi, veteropatriarcale e retriva. Oggi c'è più rispetto per le persone?
«Fare l'attrice porno era una libera scelta individuale, semmai è vero che le donne subivano le fantasie dei maschi. Oggi, invece, sono proprio le donne a gestirle. Processare il porno come patriarcale mi pare fuori luogo: è intrattenimento per adulti, non vuol fare ridere o piangere, ma far godere. Ed è il porno che ha contribuito a sdoganare nel mondo femminile una diversa visione della sessualità, non più solo passiva. Quanto al resto, io ho fatto film con neri, gay, trans senza alcun problema. Mai fatto il bullo con persone per sessualità, razza o genere. Anzi, semmai, mi è sempre venuto naturale stare dalla parte di chi viene discriminato».
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Apprezzatissimo in tutto il mondo tanto da meritare il soprannome di "the italian stallion", ha lavorato con Moana e Cicciolina. Cosa ricorda di loro?
«Ho partecipato a quasi tutti i film di Moana. Era una grande. Lavorare in America la aiutò a sciogliersi. Purtroppo la vidi un mese prima della morte, al ristorante, con Schicchi e il marito: irriconoscibile, smagrita, non volle che mi avvicinassi a loro, in imbarazzo per come stava. Perciò è una panzana dire che non è morta. Con Cicciolina invece lavorai mentre stava per entrare in Parlamento: facemmo cinque film in pochi giorni perché poi non avrebbe più potuto. Giravamo e lei intanto era attaccata al telefono con Pannella».
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