Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Si avvicina a grandi passi il collasso dell'esercito convenzionale russo in Ucraina.
E ciò spiega, almeno in parte, le motivazioni che spingono Vladimir Putin ad agitare lo spauracchio dell'arma nucleare a pochi giorni dalla sua dichiarazione di «annessione» delle zone occupate dopo il 24 febbraio e adesso seriamente minacciate dalla massiccia controffensiva ucraina. Circa 30.000 soldati russi rischiano di rimanere circondati nell'enclave di Kherson.
Le loro unità si stanno ritirando precipitosamente dai settori settentrionali della regione che occupavano da metà marzo, quando ancora si illudevano di poter raggiungere Odessa lungo il Mar Nero e quindi marciare vittoriose su Kiev per unirsi ai corpi di spedizione in discesa dal nord, eliminare con la forza il governo Zelensky e infine riportare l'Ucraina nella condizione di Stato vassallo di Mosca.
I corpi scelti ucraini continuano ad avanzare lungo il Dnipro. Sono ormai a oltre 40 chilometri dalle linee di partenza, hanno già superato il villaggio di Dudchany; ieri sera hanno percorso altri 5 chilometri per dribblare un ponte fatto saltare dai nemici in fuga e potrebbero presto chiudere la sacca di Kherson verso l'estuario del Dnipro sino al Mar Nero. Le avanzate potrebbero nelle prossime ore garantire ai lanciamissili Himars di colpire la grande base aerea di Chaplynka, che dai primi di aprile permetteva ai caccia russi si coprire l'intero fronte meridionale, privando il nemico dell'indispensabile controllo dell'aria. A quel punto possono mirare alla Crimea via terra.
I successi nel sud-ovest fanno il paio con quelli nel Donbass. Qui, dopo aver riconquistato Izyum l'8 settembre e Lyman venerdì scorso, gli ucraini continuano a correre in avanti: liberano nuove aree del Donetsk ed entrano a Lugansk, mirando addirittura al suo capoluogo, che le unità locali filo-Mosca avevano dichiarato autonomo sin dal 2014. Ma la novità delle ultime ore, tenuta nascosta dai portavoce di Kiev, sembra il terzo asse dell'offensiva destinata a sferrare un colpo mortale all'impalcatura dell'occupazione. Dalla zona di Huliaipole, infatti, gli ucraini stanno organizzando una nuova direttiva d'attacco che mira a Mariupol.
Se ciò avvenisse, le zone russe sarebbero tagliate a metà e ciò farebbe finire nella polvere dell'umiliazione militare il grande sogno imperiale di Putin.
Di tutto questo e dei costi in termini di vite umane e sofferenze parlavamo ieri pomeriggio con i soldati ucraini incontrati nel ristorante principale di Sloviansk, dove staziona il fior fiore delle unità impegnate nel Donbass.
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Per loro l'incubo peggiore sono le cosiddette «bombe foglia», la versione italiana è «pappagallo verde»: bombe a grappolo antiuomo. «Sono piccole, con 40 grammi di esplosivo, a forma di foglia.
Sono difficilissime da individuare, fanno impazzire gli sminatori anche perché restano innescate per decenni, basta una pressione di cinque chili per farle deflagrare. Raramente uccidono, ma mozzano le gambe», spiega Yuri, 47enne medico al seguito di un battaglione corazzato impiegato a Lyman. Ce ne parla senza nascondere la crescita esponenziale di vittime nei due eserciti. «Vennero prodotte nell'ex Unione Sovietica e oggi sono lanciate di continuo sia dagli elicotteri russi che dai nostri. Sono tra le cause più importanti di ferite gravi nei due campi». Ma le sue parole non gettano alcuna ombra sull'evidente ottimismo dominante.
«Il grosso dei nostri arsenali è ancora quello dell'Urss, molto simile a ciò che usano adesso i russi. Però la differenza più importante sta nella motivazione: noi siamo più forti perché difendiamo il nostro Paese, molti di loro invece non hanno alcuna idea di cosa stiano a fare qui, per lo più vorrebbero gettare i fucili e tornarsene a casa», raccontano Vlad e Bagdan, specialisti di un'unità dell'intelligence incaricata di individuare gli obbiettivi per le artiglierie. Al loro fianco siedono alcuni artiglieri che da giugno utilizzano mortai da 120 millimetri inviati dal governo italiano.
«Sono buone armi, molto leggere e abbastanza precise. Unico limite è che si scaldano troppo presto e allora occorre lasciarle raffreddare», dicono. Ma almeno su di un punto concordano tutti: «Noi ucraini stiamo vincendo, l'impeto della nostra avanzata non può fermarsi, dobbiamo approfittare del momento: i russi sono come pugili intontiti, possono solo finire a kappaò».
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