Raffaella Menichini per la Repubblica
Quando Arkadij Babchenko ieri ha detto che gli standard del giornalismo erano «la sua ultima preoccupazione» di fronte al suo imminente omicidio e all' idea di mettere in scena un finto attentato per smascherare i suoi futuri assassini, in pochi sono riusciti a dargli torto.
Il giornalista russo, rifugiato in Ucraina dopo le minacce per le critiche al Cremlino, ha raccontato i dettagli della messa in scena che tre giorni fa ha tratto in inganno i media di tutto il mondo. Ha rivelato di essere stato fin dall' inizio parte del piano dei servizi ucraini, così come lo era la moglie, dopo che gli avevano mostrato prove che era stato seguito e spiato.
Ha raccontato di mesi di pianificazione, di una truccatrice per "travestirlo" da cadavere, coprendolo di sangue di maiale, delle finte cadute per simulare la posa a terra. Sarebbe stata presa in quel momento la foto del corpo insanguinato circolata dopo la notizia dell' attentato e fatta uscire tramite canali trasversali dei servizi sui social.
E poi il viaggio in ambulanza fino all' obitorio, dove si è lavato, cambiato e ha iniziato a guardare le notizie della sua morte in tv. Nel frattempo entrava in azione l' operazione di polizia per catturare i responsabili dell'«attentato».
Un piano realizzato talmente alla perfezione che nessun organo di informazione nel mondo ha dubitato che potesse non essere accaduto davvero. Si trattava di uno scenario familiare: l' esecuzione a freddo di una voce critica, che si aggiungeva a una lunga lista di omicidi di giornalisti scomodi, dalla russa Anna Politkovskaya fino alla maltese Daphne Caruana Galizia.
Per giunta un omicidio comunicato dalle autorità. Qui sta il punto critico del caso Babchenko, quello che lo renderà forse uno spartiacque nel dibattito sulle fake news. Quando la "fake news di Stato" è stata rivelata anch' essa in diretta tv, dallo stesso protagonista, il corto circuito mediatico è stato completo. Per i media si sono presentati due ordini di problemi.
Nell' immediato, il dovere di rettificare una notizia falsificata, più che falsa. Per molti grandi organi di informazione, dover cancellare tweet di breaking news, dire "il morto è vivo" è stato un passo difficile, in tempi in cui la credibilità è il valore su cui si giocano le fortune dell' industria del giornalismo.
Il secondo problema, di più lunga durata, è la preoccupazione per quello che questa spy story potrà significare per la libertà di stampa, soprattutto nel delicato scenario russo-ucraino. I media russi e le autorità di Mosca hanno subito rovesciato le carte, addossando ai media occidentali la responsabilità di aver lanciato la caccia alle streghe su una notizia non "verificata", e bollando il governo ucraino come propagatore di disinformazione.
Quello che doveva essere un atto d' accusa verso i mandanti del fallito attentato a Babchenko si è ritorto contro Kiev, dicono molti commentatori. Mentre altri, come l' ex campione di scacchi ora attivista antiputiniano Garry Kasparov, pensano che gli ucraini siano riusciti a usare la propaganda meglio di Putin e contro di lui. A essere sconfitti alla fine sono stati i giornalisti che cercano di mantenere una copertura obiettiva del conflitto ucraino-russo, anche a costo di correre rischi personali.
arkadij babchenko 1 arkadij babchenko vivo 1 la reazione dei colleghi di arkadij babchenko alla sua 'resurrezione' arkadij babchenko arkadij babchenko con petro poroshenko arkadij babchenko vivo arkadij babchenko e la sua famiglia
kiev arresto per le minacce a babchenko kiev arresto per le minacce a babchenko 1 arkady babchenko