Estratto dell'articolo di D. F. per il “Corriere della Sera”
[…] L’evidenza — le prove del massacro, i resti dei massacrati — è avvolta nei sacchi bianchi e tenuta dentro ai container refrigerati in questa base a sud est di Tel Aviv. Quando i soldati aprono i portelloni, […] le scaffalature dove sono stati riposti i corpi, il sacco più in alto è così piccolo che può solo contenere una bambina o un bambino.
[…]. «Siamo stati addestrati in questi anni per rispondere a un attacco con un grande numero di morti, non siamo stati preparati a queste atrocità», dice il colonnello Haim Weisberg, […] Qui sono arrivati la maggioranza dei 1.400 tra civili e soldati uccisi all’alba da quasi duemila terroristi di Hamas che sono penetrati dalla Striscia di Gaza dopo aver squarciato la barriera di separazione in 29 punti. Le tombe di ferro temporanee sono disseminate per Campo Shura — dalle parti di Ramla, la città abitata per un quarto da arabi israeliani — e le file di container sono divise tra quelli che contengono le spoglie o le parti identificate e quelle ancora da analizzare o per le quali le prime indagini non hanno dato risultati.
«La procedura — continua il rabbino Weisberg — è la stessa che usiamo per i soldati, andiamo per tentativi: riconoscimento da parte di un famigliare, impronte dentali, Dna. È impressionante il numero di casi in cui abbiamo dovuto utilizzare i prelievi genetici perché le teste sono state mozzate o maciullate». Abigail lavora nell’hi-tech. Di solito. Adesso è in divisa come comandante del gruppo di donne che si prende cura dei cadaveri di adulte, ragazze, bambine. «Proviamo a garantire loro quel rispetto, quella dignità, che sono stati calpestati e cancellati dai fondamentalisti. Se le hanno spogliate, noi le ricopriamo mentre gli anatomopatologi eseguono l’autopsia. Se le hanno brutalizzate, noi offriamo la nostra delicatezza ai loro corpi».
[…]
I famigliari vengono convocati, quando i cadaveri sono stati identificati. Le auto dei parenti — non solo ebrei israeliani, ci sono arabi musulmani, cristiani, stranieri — entrano dopo la colonna di camion che ancora trasportano corpi dal sud del Paese. Racconta Mayan, dentista all’ospedale Tel HaShomer, anche lei si è rimessa la divisa dopo la mattanza: «Uno dei momenti più terribili è quando stiamo operando nella tenda e da quella accanto sentiamo le urla di una madre o un padre che ha appena ricevuto la conferma».
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