Estratto dell’articolo di Alessandra Paolini per “la Repubblica”
Giacca rossa sopra una camicia azzurra, come i suoi occhi e il cielo sopra piazza delle Muse, cuore “pariolino” della Capitale. Ed è qui che Arianna Rapaccioni, la vedova di Sinisa Mihajlovic, decide di incontrarci. Per raccontare la sua vita accanto al “piede sinistro più forte del mondo” (cit. Sven Goran Eriksson), al difensore della Stella Rossa a Belgrado che approdò alla Roma per poi vincere tutto negli anni della Samp e della Lazio. Gli anni belli e poi quelli durissimi spesi a combattere con la leucemia, mentre allenava il Bologna.
[…] Come sono stati questi due anni?
«Difficili. Il secondo ancora peggiore del primo. All’inizio ho vissuto sotto shock. Mi sembrava che da un momento all’altro mi potesse chiamare da Bologna, dove stava gran parte della settimana: “Amo’ — mi chiamava così, in un romanesco intinto nell’accento slavo — Domani arrivo, mi fai pasta e fagioli? Piccante, eh”. Il lunedì, il suo giorno di riposo, lo passavamo tra alimentari e norcinerie».
arianna mihajlovic foto di bacco
[…] A casa Mihajlovic il calcio è ancora protagonista.
«I miei figli sono innamorati del pallone: e vanno ancora allo stadio. Io faccio fatica, invece, e poi sa una cosa? Sono una romanista diventata laziale per amore».
Capita! Ilary Blasi ha fatto il giro contrario per Totti…
«Si, mi sa che lei ora è tornata biancoceleste!».
(Ride) Che padre è stato Sinisa?
«Cambiava i pannolini, faceva il bagnetto, ma dava regole. Quindi non si sgarrava. Per loro perderlo è stato veramente duro. Ma sono la mia forza. A Sinisa gliel’ho promesso. “Ora vai — gli ho detto stringendogli la mano — ai ragazzi ci penso io”. Solo allora se ne è andato… È stato il momento più terribile e intenso che abbia mai provato. Eravamo intorno a lui, io, i figli, il suo migliore amico, mia madre, sua madre. Dopo l’ultimo respiro, c’era una forza in quella stanza che non saprei descrivere. Abbiamo pianto le lacrime che non avevamo potuto versare prima, per non fargli capire che era finita».
arianna rapaccioni vedova di sinisa mihajlovic
Non gli ha detto la verità?
«No, volevano così anche i miei ragazzi. Sinisa aveva troppo bisogno di pensare che avrebbe avuto un domani».
Come vi siete conosciuti?
«A Roma, nel ristorante di un’amica. Un colpo di fulmine. Guardavo i suoi occhi e li trovavo incredibili».
Sinisa ha detto di lei: “L’ho vista e ho pensato: la sposo!”
«Ma poi non ci provava. Per due mesi. uscivamo… ma niente. Io mi ero anche un po’ stranita».
Che cosa vi univa?
«La famiglia. E poi le nostre origini, il venire da famiglie umili. A casa di Sinisa, nella allora ex Jugoslavia, non avevano l’acqua calda. Ha conosciuto anche gli orrori della guerra civile.
Con madre croata e padre serbo, si è ritrovato con lo zio che voleva sgozzare suo padre e il suo migliore amico, croato, che ha tirato giù la casa dei suoi genitori».
Che carattere aveva?
«Era perbene, schietto, buono. Non un tipo ridanciano. Non mi diceva mai: “Ti amo”. Ma tra noi era così, l’amore me lo dimostrava coi fatti. E io uguale. Negli ultimi tempi avrei voluto dirgli che lo amavo in ogni momento, ma temevo potesse capire che la situazione stava precipitando.
Uno degli ultimi giorni, però, ce lo siamo detti con uno stratagemma. Lui era in clinica, era venuto l’oncologo Marchetti a visitarlo. “Grazie Paolo, ti voglio bene”, gli ha detto mentre il medico andava via. Ho preso la palla al balzo: “E a me?”. “A te ti amo, è diverso”. “Anche io”, gli ho risposto. E non vedevo l’ora».
I momenti più felici?
«Quando sono nati i figli. E poi era allegro quando tornava in Serbia» .
E nel 2000, per lo scudetto con la Lazio?
«Felicissimo. Quelli alla Lazio di Cragnotti sono stati gli anni più belli anche per me. La squadra festeggiò insieme a mogli e fidanzate in una villa romana. Poi vollero organizzare un bis: una serata solo tra calciatori. E sa che successe? Ho ancora il senso di colpa».
Cosa accadde?
funerale di sinisa mihajlovic moglie arianna
«Non ce l’ho mandato. Ero gelosa».
Ma povero Sinisa!
«Col senno di poi, me ne pento».
[…] Che rapporto ha con i tifosi?
«Da loro ho un affetto pazzesco! Ma anche la dirigenza del Bologna è stata fantastica, ha pagato lo stipendio quando lui non c’era più. Da Lotito, invece, mi aspettavo di più. Non per me, ma per mio figlio, l’allenatore: Sinisa alla Lazio ha dato veramente tanto».
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