Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Paul Manafort, l'ex manager della campagna presidenziale di Donald Trump incriminato dal procuratore speciale Robert Mueller nell' ambito dell' inchiesta sul «Russiagate», aveva costituito un gruppo segreto di eminenti politici europei e li aveva pagati 2 milioni di euro, affinché facessero azione di lobby a favore del governo ucraino legato a Mosca.
Secondo il «Guardian» e il sito «Politico», anche Romano Prodi faceva parte di questa operazione, ma l' ex premier italiano e presidente della Commissione europea ha smentito con una nota.
Al paragrafo 30 della pagina 22, nella nuova incriminazione dell' ex manager di Trump, si legge: «Come terza parte del suo schema di lobbying, nel 2012 Manafort, con l' assistenza di Rick Gates, a nome del Partito delle regioni di Yanukovych, aveva segretamente assunto un gruppo di ex politici eminenti europei per prendere posizioni favorevoli all' Ucraina, incluse attività negli Usa. Il piano prevedeva che gli ex politici, informalmente chiamati "Hapsburg group", dessero l' impressione di fornire le loro valutazioni indipendenti sulle attività del governo ucraino, mentre in realtà erano lobbisti pagati».
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L' ex manager di Trump, di origini italiane, aveva usato almeno quattro conti offshore per versare oltre due milioni di euro ai membri dell' operazione. In un documento «eyes only», ossia riservato, aveva spiegato che l' obiettivo di questi «Super Vip» era agire informalmente, senza relazioni visibili col governo di Kiev. Il «gruppo Asburgo» era gestito da «un ex cancelliere europeo», in coordinamento con Manafort, Gates, e le due agenzie di pubbliche relazioni Mercury e Podesta, assunte per promuovere la think tank «European Centre for a Modern Ukraine» favorevole agli interessi di Mosca.
Il «Guardian» e «Politico» hanno scritto che il leader era l' ex cancelliere austriaco Alfred Gusenbauer, che nel 2013 aveva incontrato a Washington il presidente della Commissione Esteri della Camera Ed Royce, i deputati Tom Marino e Robert Aderholt, e altri, accompagnato dai lobbisti di Mercury Ed Kutler e Mike McSherry.
Gusenbauer ha ammesso di aver visto due volte Manafort per un caffè, ma ha negato di aver preso soldi da lui, o lavorato per difendere gli interessi di Mosca a Kiev. Anzi, favoriva il riavvicinamento dell' Ucraina alla Ue. Lo stesso Kutler avrebbe accompagnato anche Prodi da Royce, e dal vice capo dei repubblicani alla Camera Eric Cantor.
L' ex premier italiano ha negato tutto con questa nota: «Romano Prodi non ha mai preso parte a nessun tipo di attività segreta e tanto meno a gruppi segreti di lobby, né ha mai ricevuto compensi per questo tipo di attività. In merito a quanto pubblicato su Politico.com, si ribadisce che il presidente Romano Prodi si è a lungo impegnato affinché potesse concretizzarsi un riavvicinamento dell' Ucraina all' Europa.
Impegno che si è espresso in incontri preparatori e in numerose conferenze pubbliche, regolarmente retribuite, e approfonditamente preparate che si sono svolte in diverse capitali europee. È stato un impegno serio e corrispondente al ruolo politico di già Presidente della Commissione Europea. La sua attività è stata pubblica e quindi facilmente rintracciabile. La sua posizione rispetto al tema dei rapporti tra Ucraina e Europa si trova chiaramente espressa in un suo articolo pubblicato sul "New York Times" del 20 febbraio 2014. Quanto alle circostanze riportate da Politico.com relative ad incontri nel marzo 2013 a Washington, si ribadisce che pur non potendo ricostruire una memoria precisa, si è certamente trattato di colloqui al fine di esporre il suo punto di vista sulla situazione ucraina».
L'inchiesta di Mueller aiuterà a chiarire le circostanze, ma l'iniziativa di Manafort per coinvolgere politici europei è confermata nella nuova incriminazione. Questo sviluppo, al di là del coinvolgimento di Prodi, conferma l'azione che Mosca ha condotto a vari livelli per condizionare le scelte dei Paesi occidentali, proprio mentre cercava di interferire anche con le loro elezioni. Tale attività continua in vista del voto italiano del 4 marzo, come ha dimostrato la recente inchiesta de La Stampa sugli account dei social network attivi a favore del Cremlino, ma le accuse di Mueller fanno ora sospettare che le operazioni siano più vaste.