Estratto dell’articolo di Valentina Lupia, Viola Giannoli per “La Repubblica”
Aveva sospeso un bambino iperattivo di 6 anni dalla scuola ma alla fine è arrivata anche la sua di sospensione. Ora al posto del preside Riccardo Agresti, dirigente dell’istituto Melone di Ladispoli, 40 chilometri da Roma, c’è un reggente, nominato dall’Ufficio scolastico regionale su mandato del ministero dell’Istruzione. Mentre quel bambino è tornato a scuola. E ora sorride.
Ma cosa aveva fatto Agresti? Nella sua scuola, in prima elementare, c’è anche Giovanni, nome di fantasia del bambino che il 26 febbraio scorso il consiglio di classe ha deciso di «allontanare dalla comunità scolastica» per 17 lunghi giorni. Niente lezioni per lui. Solo a casa con mamma e papà. Cosa aveva combinato Giovanni? Il piccolo, seguito dal policlinico Gemelli, ha un «disturbo da deficit di attenzione con iperattività di tipo combinato associata a marcata difficoltà nella regolazione degli aspetti comportamentali e aggressivi».
Fare lezione con lui certo è più complesso, ci vuole più attenzione, più personale, strategie diverse. E invece le ore di sostegno non bastano mai. E qualche volta Giovanni è difficile da gestire, ha comportamenti, scrivono le maestre nel verdetto di sospensione, «non idonei alla comunità scolastica», seppure spesso non intenzionali.
Il papà, Andrea, lo scopre il 27 febbraio aprendo la mail: c’è una pec di allontanamento senza alcuna altra motivazione. Chiama il suo avvocato, Daniele Leppe, che ricorre al Tar. Il 4 marzo arriva la sospensiva dei giudici amministrativi che danno ragione a Giovanni: deve rientrare a scuola. Di più: l’istituto deve «assegnare al minore un numero di ore di sostegno compatibile con la gravità dell’infermità di cui è affetto». […]
Il legale notifica l’atto alla scuola e il giorno dopo Giovanni prende lo zainetto e si ripresenta al Melone, dove un’operatrice scolastica gli sbarra però la strada. Il papà è incredulo, chiama i carabinieri, sporge denuncia. «Sai che ieri non mi hanno fatto entrare?», racconta a tutti Giovanni. Il preside Agresti dice di non sapere nulla del Tar, anzi mette in discussione la sentenza e nelle chat di classe spiega: «L’allontanamento non è una punizione, ma un insegnamento».
Alla famiglia non resta che fare appello al ministro Valditara: «Ci aiuti, faccia rispettare alla scuola il decreto del Tar per la serenità di nostro figlio che si vede negato un diritto». Viale Trastevere si muove e così pure l’Ufficio scolastico regionale. La dirigente Anna Paola Sabatini invia gli ispettori […] Il preside non molla, vuole fare ricorso: «Un accanimento eccessivo», si sfoga. […]