Estratto dell’articolo di Giuseppe Guastella per “il Corriere della Sera – Edizione Milano”
ASCENSORE DELLA STAZIONE CENTRALE DI MILANO
Ore di brutalità negli stessi giardinetti in Piazza Luigi Di Savoia, a Milano, che dovrebbero vedere i bambini giocare tra scivoli e altalene, e che invece, di giorno come di notte, sono ritrovo di sbandati d’ogni risma e nazionalità. Qui, alle 2.30 di giovedì, una donna marocchina di 36 anni ha subìto la prima violenza da parte di un connazionale incontrato per caso. E da qui comincia il suo drammatico racconto.
La Polizia ferroviaria raccoglie con delicatezza e cura i ricordi della vittima ancora sotto choc a meno di dieci ore dallo stupro. È un atto indispensabile per le indagini del pubblico ministero Alessia Menegazzo che in poche ore arrivano all’identificazione e all’arresto del violentatore, risultato reso possibile dal protocollo del Codice rosso per la tutela delle vittime perfezionato nel dipartimento guidato dal procuratore aggiunto Letizia Mannella.
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«[…] Alle 2.30 sono stata avvicinata da un mio connazionale (...) con lui ho conversato per alcuni minuti e gli ho confidato che mi sarei recata in Francia». L’uomo, Fadil M., non si lascia sfuggire l’occasione per infonderle sicurezza e tendere la sua trappola. «Mi ha risposto che anche lui sarebbe andato in Francia».
Quella che fino ad allora sembrava un’amichevole conversazione si trasforma nell’inizio di un incubo: «Mi ha afferrato la mano destra e mi ha trascinato nei giardinetti». Il resto sono i particolari orribili della prima delle violenze che si protrarrà per mezz’ora fino a quando lei sviene. A farla tornare all’inferno ci pensa il connazionale tentando di violentarla di nuovo, «senza riuscirci perché opponevo resistenza».
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Non è finita. Le telecamere di sorveglianza alle 5.07,10 riprendono l’uomo che la trascina per mano e, 17 secondi dopo, i due di fronte agli ascensori al piano terra. «Mi ha portata dentro la stazione e, giunti nell’atrio adiacente all’ascensore, sul lato destro, mi ha aggredito nuovamente cercando di baciarmi sulla bocca e sul collo e di avere un atto sessuale con me».
Tenta di divincolarsi con la forza della disperazione, per domarla lui le sferra «due calci al fianco sinistro» e la tira «dentro l’ascensore cercando ancora di forzarmi ad avere un rapporto sessuale». Una bestia inferocita e senza pietà. È in quel momento che la 36enne tenta di trovare aiuto facendo l’unica cosa che in quella prigione di metallo avesse senso fare: cerca di suonare l’allarme, ma non ci riesce.
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Lui la blocca: «Mi ha colpito con una testata al naso e ha sferrato schiaffi facendomi cadere», racconta tra le lacrime. La telecamera dentro la cabina registra tutto confermando ogni singolo particolare delle botte e delle umiliazioni che la donna riferisce e fornisce elementi decisivi che porteranno al fermo del marocchino.
«Iniziavo ad urlare e a piangere», racconta ancora dicendo che, non sa bene come, ma qualcuno è venuto a soccorrerla. […]