Ilaria Proietti per “la Verità”
Le fughe di notizie? Danneggiano le indagini. E talvolta servono alla magistratura per perseguire finalità diverse da quelle giudiziarie. Parola di Eugenio Albamonte, presidente dell' associazione nazionale magistrati ed esponente di spicco di Area, il cartello di sinistra delle toghe.
Reduce da un convegno in cui si è parlato anche del rapporto tra giustizia e informazione che ha attirato a Pescara nomi del calibro di Francesco Greco, Giovanni Salvi, Armando Spataro e Franco Roberti, solo per citarne alcuni. Oltre che una rappresentanza piuttosto nutrita del Consiglio superiore della magistratura, compreso il vicepresidente, Giovanni Legnini.
Da pm della procura di Roma è reduce da giorni difficili: settimana scorsa, ha scoperto nel corso di un' udienza di essere indagato su denuncia di Giulio Occhionero, a processo per cyberspionaggio ai danni dei massimi vertici istituzionali. Cosa ne pensa?
«Della mia posizione di indagato a Perugia non parlo come è giusto che sia. Credo in generale che il rapporto tra giustizia e informazione possa essere reso molto più trasparente di quanto non sia oggi. In tutta Europa ogni ufficio giudiziario ha un suo ufficio stampa per fornire informazioni corrette o correggere quelle distorte o eventualmente incomplete. Ma in Italia l' istituzionalizzazione di questo rapporto è considerata ancora un tabù».
Basta questo accorgimento per rompere l'asse micidiale tra giustizia ed informazione che ha segnato alcuni dei passaggi più significativi del nostro Paese dall' inizio degli anni '90?
«È giusto e rientra nella comunicazione virtuosa il fatto che la pubblica opinione possa avere contezza dei procedimenti giudiziari: mi riferisco in particolare ai provvedimenti cautelari ma anche ad altri atti del procedimento nella fase di discovery. Altro però sono le fughe di notizie che avvengono quando dovrebbero rimanere segrete. E che a volte danneggiano le indagini: per questo ritengo assai improbabile che ne siano responsabili i pm. A meno di non pensare che ci sia qualcuno che ami darsi la zappa sui piedi».
Non saranno solo gli avvocati a spifferare le notizie ai giornalisti
«Non nego che anche tra i magistrati vi sia chi ha un rapporto insano con l' informazione. In questi casi si cerca di perseguire una finalità metagiudiziaria attraverso la diffusione di atti che hanno un appeal per la pubblica opinione. Può succedere di cadere in questa tentazione se con un' indagine, ad esempio, si è certi di non arrivare al risultato: non avendo elementi per un rinvio a giudizio o per arrivare a una condanna, si utilizza la strada mediatica per cogliere risultati sociali o politici: è sbagliato».
Non ritiene che vada dato un segnale netto contro tali condotte? Sono davvero rari i casi sanzionati nonostante molte inchieste in questi ultimi anni abbiano riguardato i magistrati e non solo per le fughe di notizie. I vostri probiviri all' Anm per esempio che fanno?
«Noi abbiamo un problema di fondo e cioè quello dell' accesso agli atti essendo l' Anm un' associazione privata, ancorché composta di magistrati. Da un punto di vista normativo siamo non dico come una bocciofila, ma quasi. Quindi se chiediamo gli atti al Csm, come abbiamo fatto più volte, loro rispondono che non siamo legittimati a farlo. E lo stesso ci viene risposto dall' autorità giudiziaria. Quindi per intervenire dobbiamo aspettare gli esiti delle vicende giudiziarie».
Ma non è che i magistrati che finiscono nei guai godono di un occhio di riguardo?
«L' Anm non fa una difesa corporativa nei confronti dei colleghi che commettono reati, né tantomeno la giustizia disciplinare chiamata a giudicarli».
Questa è una delle poche posizioni su cui c' è unanimità nella vostra categoria che pare invece per molti aspetti divisa. A luglio si è consumato lo strappo della corrente di Piercamillo Davigo che ha segnato la fine della giunta unitaria. Che succede tra voi?
«È uno strappo che si va metabolizzando anche se resto dell' idea che quella di Davigo sia stata una scelta sbagliata e dannosa per la magistratura. Avevamo fatto fatica a costruire questo percorso unitario: eravamo tutti d' accordo a mantenere aperto un fronte dialettico con il Consiglio superiore della magistratura, se è questo il problema. Certo va bene segnalare ciò che non va, ma il Csm non può essere additato come sede di pratiche inconfessabili perché ne risulterebbe delegittimato. E invece credo che dobbiamo pretendere un Csm in cui i magistrati confidino».
Ma allora quali sono le vere motivazioni di questa rottura? A settembre bisogna rinnovare il Consiglio e immagino che ci si senta più tranquilli ad avere mani libere in vista della campagna elettorale. A questo proposito si dice che tutte le correnti abbiano già i nomi per la prossima consiliatura a Palazzo dei Marescialli.
«Noi di Area, no. Il nostro statuto prevede le primarie che faremo tra novembre e la prima metà di dicembre. E che serviranno a restituire un minimo di sovranità ai nostri iscritti. Il meccanismo per eleggere i nuovi consiglieri togati del Csm è sbagliato e ha lo stesso difetto di fabbrica dei vari sistemi di cui si ragiona per eleggere il Parlamento: sono i vertici delle correnti che scelgono e i magistrati sono posti di fronte a un prendere o lasciare. È un Correntellum a tutti gli effetti che priva i magistrati di scegliere liberamente i propri rappresentanti».