Nicola Carosielli per ''MF - Milano Finanza''
«Le stime parlano di un crollo dei ricavi pari a 4 miliardi nei prossimi due anni. E secondo la Fifa il 90% di questa perdita sarà relativa ai club». È questo l'allarme lanciato da Andrea Agnelli, in qualità di presidente dell'Eca (l'Associazione dei club europei), durante il discorso d'apertura della 24ª assemblea generale, sottolineando poi che «le stime dicono che il valore complessivo del mercato si ridurrà del 20-30% e ciò dimostra come sia evidente che ci sia meno denaro in circolazione.
Dobbiamo essere molto attenti a come gestiamo le prossime stagioni, perché se è vero che, a livello quantitativo assoluto, quanto è accaduto colpirà maggiormente i grandi club, chi ne soffrirà di più in termini proporzionali e percentuali saranno le società piccole e medie».
Un ulteriore impatto si avrà anche riguardo i diritti tv per le competizioni internazionali. «Siamo nella fase di definizione delle cifre con l'Uefa, che prevedono una riduzione di 575 milioni per i diritti tv delle competizioni internazionali, soldi che non saranno distribuiti, che colpiranno il top delle nostra piramide», ha aggiunto Agnelli. Osservazioni che hanno spinto poi il presidente della Juventus ad avanzare, in conclusione, una soluzione: «Dovremo cambiare il modo in cui operiamo, ci soffermeremo sulle infrastrutture, i salari dei calciatori e sui settori giovanili».
INTRIGHI CALCIO
Giovanni Pons per ''la Repubblica''
Da almeno cinque anni la Serie A ha imboccato una strada declinante. Ha perso posizioni nelle classifiche delle leghe europee, ha un indebitamento salito, nella stagione 18/19, a 3,7 miliardi, ed è in costante perdita: ai -379 milioni della stagione 2014/15 si è aggiunto un rosso di 274 milioni in quella 2018/19.
Con ricavi da biglietti e sponsorizzazioni in forte calo, causa Covid, sono in molti a sostenere la necessità impellente di una svolta. A questo scopo l'assemblea di Lega che riunisce oggi i presidenti delle 20 squadre di Serie A è chiamata a decidere se fare entrare in una società staccata e controllata alcuni fondi di private equity con una quota del 10% per gestire in proprio la futura vendita dei diritti Tv.
Così facendo entrerebbero nelle casse 1,5 miliardi. La gestione verrà affidata a una governance professionale con rappresentanti dei fondi e della Lega ma lasciando un passo indietro i presidenti delle squadre. La sfida è la crescita futura degli introiti da diritti, operando da editore, creando e vendendo a più piattaforme i contenuti legati alle partite della Serie A.
miccichè e malagò foto mezzelani gmt07
Secondo le proiezioni riservate, al terzo ciclo, cioè fra nove anni, il fatturato annuale potrebbe più che raddoppiare, con una valorizzazione complessiva che potrebbe quasi triplicare. Il progetto promosso dal presidente Paolo Dal Pino è stato ben accolto da un folto gruppo di squadre, dalla Juventus, al Milan, all'Inter, al Torino, alla Roma. Tuttavia per farlo passare serviranno 14 voti su 20 in assemblea ma ci sono almeno 5 squadre, Lazio, Udinese, Verona, Atalanta e Crotone, contrarie all'idea di vendere ai fondi. In bilico il Napoli di De Laurentiis.
In caso di bocciatura le offerte vincolanti già presentate da Cvc-Advent-Fsi e da Bain verranno rispedite al mittente insieme al miliardo e mezzo di cash. L'alternativa è quella di tornare ad affidarsi a intermediari, come le cinesi Wanda o Mediapro, che non navigano in buone acque, ma con un ulteriore indebitamento delle squadre (l'attuale leva finanziaria per la Serie A è già di 4,9).
Sullo sfondo di questa partita che attiene al futuro del sistema calcio se ne sta giocando un'altra che riguarda soprattutto il passato. La procura di Milano ha infatti aperto un'inchiesta sulla regolarità dell'assemblea di Lega della primavera 2018 che ha portato Gaetano Micciché alla presidenza. L'ipotesi dei pm Paolo Filippini e Giovanni Polizzi, coordinati dall'aggiunto Maurizio Romanelli, è che il verbale dell'assemblea, presieduta da Malagò (indagato per falso), che portò all'elezione di Micciché "per acclamazione" venne alterato. I pubblici ministeri hanno acquisito la registrazione dell'assemblea - che venne pubblicata da Business Insider Italia - e l'istruttoria della procura Figc che, pur archiviata, segnalava "plurime irregolarità" nel voto. Ma non si può escludere che le indagini possano estendersi anche ad altri fatti avvenuti successivamente.
L'ultimo e più eclatante ha visto l'attuale allenatore dell'Inter ed ex coach del Chelsea, Antonio Conte, rivolgersi al tribunale di Londra per congelare 61 milioni di beni a un finora sconosciuto personaggio della finanza, Massimo Bochicchio, reo di non avergli restituito 33 milioni investiti nelle sue società.
Evidentemente Bochicchio era stato ben presentato se Conte e compagni prima di affidargli i propri risparmi non hanno spulciato il sito della Consob dove avrebbero scoperto che nel 1999 Bochicchio è stato radiato dall'Albo dei Promotori finanziari perché "è emerso che alcuni ordini relativi ai clienti recano firme identiche, nonché sovrapponibili, che si presume siano state riprodotte dal sig. Bochicchio al fine di disporre, per conto degli stessi clienti, operazioni finanziarie non autorizzate dai medesimi investitori".
Un vizietto, quello di falsificare le firme, nel quale il 54 enne finanziere nato a Capua, residente a Londra e domiciliato a Roma, incorre ancora oggi. A Conte Bochicchio ha presentato una lettera della Hsbc che la stessa banca ha riconosciuto non essere autentica, negando anche qualsiasi partecipazione o legame societario con la Kidman, la società veicolo di Bochicchio.
Il nome di Hsbc non spunta dalle carte per caso. Quella che un tempo era la banca più grande del mondo assume l'ex promotore radiato nella sede di Londra nel 2006, in forze nell'area global markets e ben presto, nel 2008, viene chiamato a Milano dal responsabile di allora, Marzio Perrelli, banchiere con alle spalle una forte esperienza a Goldman Sachs. Ma Bochicchio, uomo che millanta relazioni di ogni tipo, a Milano viene catapultato nella divisione M&a, pur senza avere competenze in quel ramo di attività. E come prevedibile l'uomo entra in rotta di collisione con i colleghi più preparati che lo considerano non adeguato a quel ruolo e perdipiù a rischio di conflitti di interesse per l'attività di investimento avviata a Londra. Bochicchio prima inciampa in un finanziamento promesso alla Pirelli senza rispettare le procedure interne e poi, dopo esser sparito per tre mesi, su pressione di Londra Perrelli non può far altro che licenziarlo.
Nello stesso periodo la squadra degli italiani alla Hsbc si arricchisce di un nuovo acquisto, poco conosciuto nel mondo delle banche ma molto di più nella Roma che conta, essendo presidente del Circolo Canottieri Aniene, crocevia di imprenditori e politici. Giovanni Malagò e Perrelli si conoscono fin da ragazzi, il primo ha sposato Polissena di Bagno, sorella di Alberto di Bagno, amico fraterno del secondo.
L'idea è sempre quella di ricorrere al network per portare affari alla banca e Perrelli assolda come senior advisor di Hsbc sia Malagò sia Vito Gamberale, il manager ex Tim e Autostrade che dirige il fondo F2i. Ma anche in questo caso la reazione di una parte della struttura interna della banca non è delle migliori.
Saranno altri due banker italiani, assunti di lì a poco a Milano e Londra, con credenziali in regola, a sollevare questioni di opportunità sulle due consulenze e su un'operazione di finanziamento alla Palladio Finanziaria di Roberto Meneguzzo finalizzata a comprare azioni Generali. Ma i due banker sottovalutano l'asse di ferro che lega Perrelli ai capi londinesi che tengono in mano la banca in quegli anni, il numero due Samir Assaf e l'ad Stuart Gulliver, e sono costretti a lasciare la banca. In seguito la consulenza a Gamberale si interrompe mentre quella di Malagò va avanti fino al 2018, proprio l'anno in cui Perrelli ritiene sia giunto il momento di rientrare a Roma e coltivare, anche nel lavoro, la sua passione di sempre, il calcio. L'occasione nasce in un incontro con l'ad di Sky Andrea Zappia che gli offre la posizione di executive vice president di Sky Sport.
Nel frattempo gli amici Malagò e Micciché tentano di giocare la carta dell'asso pigliatutto, proponendo Perrelli come ad della Lega, poltrona ancora scoperta. Il blitz non riesce perché da una lista di candidati alla fine prevarrà Luigi De Siervo, ex uomo Infront con esperienza pluriennale nel campo della vendita dei diritti.
Ma in quella concitata primavera-estate 2018 c'è tempo per un'altra operazione, ancor oggi sotto i riflettori. Il passaggio della titolarità dei diritti per il triennio 2018-2021 da Mediapro a Sky a causa della mancata presentazione, da parte degli spagnoli, delle garanzie necessarie a chiudere l'assegnazione. Da questo passaggio è scaturita una causa di risarcimento danni a carico degli spagnoli per 470 milioni, i quali si difendono sostenendo che la Lega non è intervenuta a sostenerli, favorendo Sky.
Jaume Roures Taxto Benet mediapro
miccichè giorgetti malagò foto mezzelani gmt06