Ilaria Sacchettoni per il "Corriere della Sera - Edizione Roma"
Un aereo dei servizi segreti lo aveva riportato in Italia da Tripoli. Era il dicembre del 2019. Oggi, Giulio Lolli, 56 enne emiliano dalle molte identità, playboy convertito alla causa qaedista, rischia una condanna per terrorismo internazionale. I carabinieri del Ros che avevano approfondito la spericolata vita di questo imprenditore della provincia di Bologna, incrociando quasi per caso il suo curriculum penale, lo avevano indicato tra i protagonisti della guerriglia libica.
E per la precisione «tra i comandanti del cartello islamista denominato Majlis Shura Thuwar Benghazi». Un Thuwar (rivoluzionario proveniente dal mondo civile in arabo) che, dalla Libia, riforniva di armi i miliziani di Bengasi, oppositori del governo del generale Kalifa Haftar. Armi messe a disposizione delle sue due imbarcazioni «Mephisto» e «Leon» a bordo delle quali erano stati rinvenuti bombe a mano, mine anticarro, razzi, lanciarazzi e altro ancora. Quindi l'allora pubblico ministero Sergio Colaiocco ne aveva chiesto l'arresto, poi convalidato dal Tribunale di Roma e confermato dai giudici della Cassazione.
Ma chi è, davvero, questo personaggio proiettato sul territorio libico dalle colline emiliane? E quali sono i suoi obiettivi? Dopo un periodo di formazione in Canada, Lolli classe '65, brillante, ingegnoso, ambizioso, scommette sulla «Rimini Yacht» che ai primi del Duemila, diviene marchio prestigioso nel commercio di barche. Tra modelle e Rolex la sua vita pare tracciata. Invece no. Un talento per vivere al di sopra delle proprie possibilità lo spinge a tentare truffe, vendendo imbarcazioni a più acquirenti in simultanea. La faccenda viene fuori ed è costretto a eclissarsi.
La sua fuga avviene a bordo di uno yacht favoloso mentre la crisi di liquidità lo spinge a chiedere e ottenere un prestito da Flavio Carboni, l'ex faccendiere del Banco Ambrosiano coinvolto nelle P2 e P3 che finisce per diventare una sua (illustre) vittima. É il 2010 e tra mille segreti Lolli lascia dietro di sé anche il cadavere di un finanziere accusato di aver evitato controlli fiscali alle sue società dietro compenso. L'anno successivo si trova a Tripoli. Ma l'Interpol lo raggiunge e lui finisce per dieci mesi in una delle celle edificate da Gheddafi.
Quindi abbraccia la religione musulmana e diventa Karim finendo per unirsi a un gruppo controllato da Al Qaeda (Ansar al Sharia autore, tra l'altro, di un attentato a un ambasciatore statunitense). Si arriva al 2017, quando pluriricercato, sposa con rito islamico una giovane dell'alta borghesia locale e dà ufficialmente il via alla sua attività di combattente contro il governo del generale Haftar. L'anno dopo le forze speciali di Rada lo arresteranno per fiancheggiamento di una formazione separatista e traffico d'armi. É ergastolo. L'ex bon vivant emiliano ora è nei guai. Ci vorranno tutta la pazienza e l'impegno dell'ambasciatore per riportarlo in Italia, dove lo aspetta l'ultimo processo la cui sentenza è attesa per oggi .
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