Estratto dell’articolo di Francesco Bechis per “Il Messaggero”
Giudici che intercettano i politici? Eresia per la destra al governo, decisa a frenare le incursioni dei pm negli onorevoli cellulari. A volte però è necessario, perfino urgente dare quel lasciapassare. Lo ha fatto Claudio Lotito, patron della Lazio e senatore di Forza Italia, permettendo alla Digos e alla procura di Roma di accedere ai suoi tabulati telefonici e scoprire finalmente chi, da mesi, lo perseguita dalla mattina alla sera.
Minacce di morte, tentate estorsioni, insulti. Brutto clima. «Al tuo funerale prosecco e caviale». Striscioni così tappezzano cavalcavia e mura della Capitale ormai da diverse settimane.
Di qui la controffensiva giudiziaria del presidente biancoceleste. L’ultima parola spettava al Senato guidato da Ignazio La Russa: non si può frugare nei dati telefonici di un parlamentare senza esplicito via libera della camera. E il via libera è arrivato: la giunta per le immunità ha concesso ai pm l’autorizzazione a procedere «con riguardo all'acquisizione dei dati di traffico telefonico/telematico» di Lotito.
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striscione di minacce a claudio lotito
Il Viminale ha aumentato la scorta dell’imprenditore, già patron della Salernitana, abituato ormai da vent’anni a girare a sirene spiegate. Chi sono i persecutori? Non ci vuole fantasia per capirlo, se è vero che il grosso delle telefonate nel mirino dei giudici verte su un solo argomento: la Lazio.
È un tormento continuo, i quattro, cinque cellulari che il presidente della squadra biancoceleste tiene sempre in tasca squillano a ripetizione. «Ecco, l’ultimo mi ha chiamato tre minuti fa», sospira stanco, arrabbiato al telefono Lotito. E che dicevano, presidente? «Minacce, insulti. Chiamano con lo sconosciuto e pensano che non li scopro, ma adesso scopriamo chi sono. Vogliono che vendono la società, la Lazio non è in vendita».
È una furia. Ci penserà la Digos ora a dare la caccia ai tormentatori seriali. Il confine tra goliardia e minacce è sottilissimo. Di recente, per capire, un gruppo di ultras laziali ha inscenato il funerale di Lotito nel cuore di Ponte Milvio, quartier generale del tifo biancoceleste. Fumogeni, fischi e un coro continuo: «Signore portalo via».
«Io sono da sempre un combattente e mai un reduce», ringhia di rimando il patron della Lazio (cintura nera di aforismi e metafore latinorum), «ma a tutto c’è un limite e qui è stato superato».
striscione dei tifosi della lazio contro claudio lotito
Dietro la persecuzione che ora ha mobilitato il Senato in sua difesa, ne è convintissimo, c’è una regia. Altroché scherzi. «Stampano manifesti, li attaccano sui cavalcavia. Si rende conto?». Tensioni antiche, quelle tra il presidente e lo zoccolo duro della Curva Nord. Lungo cahiers de doléances. Svetta la rabbia per una gestione sempre oculata, per così dire, del calciomercato estivo. I tifosi almeno la mettono così. Lotito, ovviamente, la vede all’opposto.
Gli ultras gli hanno affibbiato il nomignolo di “Lotirchio”, lui invece si sente “Lotutto”. I risultati in effetti parlano. «Sono presidente da 20 anni e non mi sembra che la Lazio stia fallendo - dice l’imprenditore a capo di un impero di società impegnate nelle pulizie - dopo la Juve è il club con più trofei in Serie A, ha sempre posizioni decenti in classifica, i conti in ordine e un fatturato trasparente. Non sono una cicala, ma una formica».
Riecco le metafore. «Lo sa che in biglietteria ho ancora il nipote di Cragnotti? E che in vent’anni non ho mai chiesto un euro per un’auto aziendale o un rimborso spese? E lo stipendio poi: mi ha costretto la Consob ad assegnarmi un emolumento, questione di “terzietà”». […]
striscione dei tifosi della lazio contro claudio lotito claudio lotito striscione dei tifosi della lazio contro claudio lotito