Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera”
Abdulaziz Rajab, il sessantenne siriano che ospitò Maddalena Urbani - figlia del medico-eroe autore di ricerche risolutive sul virus della Sars, Carlo Urbani, deceduto nel 2013 - è colpevole di omicidio volontario con dolo eventuale e non già del più lieve «morte come conseguenza d'altro reato» ipotizzato in una fase iniziale delle indagini. Per lui la condanna è di 14 anni, mentre per Kaoula El Haouzi, amica della vittima, responsabile di omissione di soccorso, è di due anni.
Il lavoro dei medici legali che quantificarono in 17 ore l'inerzia del pusher e dell'amica di fronte all'agonia per overdose della giovane, ha convinto i giudici della I sezione della Corte d'assise: Maddalena Urbani è morta perché si è scelto di non chiamare tempestivamente i soccorsi e non già per la semplice assunzione di stupefacenti.
Era il 26 marzo 2021. La giovane, vent' anni difficili, fragile eppure intelligente, sperduta ma istruita, spronata a cavarsela da sé, torna con la sua amica da Perugia dove ha trovato un lavoro e finisce in un appartamento a Roma, sulla Cassia, a consumare sostanze stupefacenti (metadone, benzodiazepine e cocaina dirà poi la consulenza affidata dal pm Pietro Pollidori) acquistate in precedenza da un amico di Rajab. Improvvisamente scivola in una crisi cardiorespiratoria che si annuncia drammatica. Rajab ed El Haouzi la guardano morire lentamente senza muovere un dito.
maddalena urbani da piccola con la mamma e il papa
È sera. Maddalena è sul letto con le convulsioni e un pallore insano. Le ore trascorrono ma solo alle 12 del giorno successivo verranno allertati i medici del 118. Troppo tardi evidentemente. Esitazione e paura (per sé stessi) paralizzano i due che restano inerti per ore. Il verdetto dei consulenti della Procura, ascoltati durante il dibattimento è stato severo: «Maddalena poteva essere salvata ma si persero ore preziose».
L'inchiesta aveva chiarito che, quel giorno, il pusher siriano si trovava ai domiciliari e dunque non avrebbe potuto ospitare - se non denunciandole - persone nella sua abitazione. Invece accolse Kaoula e Maddalena sapendo che l'obiettivo era quello di procurarsi lo «sballo». Nel corso delle udienze è stata acquisita anche la testimonianza di un vicino, Alfonso Rubin, noto nel quartiere come «il dottore» (nella realtà non ha mai concluso gli studi di Medicina) il quale dopo aver verificato le condizioni di Maddalena suggerisce invano di chiamare il 118.
«Il dottore» ha confermato in maniera inequivocabile la riluttanza dei due a intervenire concretamente. Di nuovo, come nel caso di Desirée Mariottini, la ragazza morta in un rudere a San Lorenzo, sempre nella Capitale, nel 2018, si è scelto di anteporre ragioni personali alla vita di un'altra persona in gioco. Di nuovo si è deciso di non prestare i soccorsi necessari per non dover rispondere di possibili contestazioni alle forze dell'ordine.
Nei confronti del pusher siriano l'accusa aveva chiesto 21 anni di carcere ma i giudici, dopo 4 ore di camera di consiglio, hanno deciso di concedere le attenuanti. La mamma di Maddalena, Giuliana Chiorrini, si era voluta costituire parte civile attraverso il suo avvocato Giorgio Beni.