Carlo Pizzati per “La Stampa”
Appena saputa la notizia, la governatrice del Bengala occidentale è andata su tutte le furie e ha subito digitato un tweet indignatissimo: «Sono scioccata nel sentire che proprio nel giorno di Natale il ministro dell'Unione ha bloccato i conti in banca delle Missionarie della Carità di Madre Teresa in India! I loro 22 mila pazienti & dipendenti sono rimasti senza cibo & medicine. La legge va rispettata, ma gli sforzi umanitari non devono essere compromessi».
La potente Mamata Banerjee ha sbagliato solo un dettaglio, cioè che il governo di Modi non ha bloccato direttamente i conti in banca delle suore di Santa Teresa, ma ha proibito loro di ricevere finanziamenti dall'estero, il che equivale ad affossare tutte le loro attività caritatevoli come orfanotrofi, scuole, cliniche, ospedali, centri di accoglienza per minorenni e lebbrosari che sopravvivono grazie a queste donazioni.
Certo, i contributi dall'India sono sempre concessi, ma non c'è paragone con gli 8,7 milioni di dollari ricevuti dall'estero nel 2021, o il miliardo e 230 milioni di euro del 2020 per tenere in attività 130 centri e dare sussistenza a più di tremila suore.
«Irregolarità nella contabilità», per questo, secondo il ministero, è stata rifiutata la registrazione annuale all'elenco che regolamenta le donazioni dall'estero. Non avrebbero «i requisiti necessari» per qualificarsi poiché sono arrivati degli enigmatici «input anomali».
Qual è la verità? Che pochi giorni prima, nello Stato del Gujarat, da dove proviene il premier Narendra Modi, la polizia aveva dichiarato d'aver trovato 13 Bibbie in un centro d'accoglienza delle Missionarie della Carità, dove le ragazze lì rifugiate sarebbero state «costrette a leggere il Vangelo, recitare preghiere cristiane e indossare la croce al collo».
Le Missionarie hanno negato di voler convertire le ragazze abbandonate, ma quest'accusa riverbera da anni in India, anzi da decenni, ed è stata ripetuta anche nel 2014 da Mohan Bhagwat, leader delle Rss, organizzazione di fondamentalisti indù dalle cui fila proviene anche Modi: «Le opere di carità di Madre Teresa sarebbero anche state buone, ma le ha usate con un unico scopo: convertire al cristianesimo le persone che aiutava».
Da allora, con la tracotanza induista raddoppiata da quando il partito fondamentalista del Bjp ha stravinto con la rielezione di Modi nel 2019, per le suore di Santa Teresa la vita è più complicata anche a causa di nuove e rigide leggi anti-conversione, in un contesto sempre più repressivo verso minoranze religiose come quella islamica, già ferocemente bersagliata.
La direttrice per il Sud asiatico di Human Rights Watch, Meenakshi Ganguly, ha commentato così: «È davvero una sventura che dopo orribili aggressioni ai musulmani, ora il prossimo bersaglio siano sempre più spesso i cristiani».
Le accuse mosse dalle Rss e dal Bjp sono queste: con la carità voi non fate altro che convertire poveri indù e indigeni plagiandoli con denaro, scuole gratis e centri d'accoglienza. Dal 2014 a oggi, quest' atteggiamento bellicoso verso una minoranza di 28 milioni di credenti (appena il 2,5% della popolazione indiana) ha innescato l'aumento del 220% negli attacchi violenti ai cristiani, secondo i dati della Ong americana Alliance Defending Freedom.
La tattica di questo governo nei confronti di ciò che viene percepito come un problema ricollegabile ai finanziamenti esteri è di soffocare il flusso dei fondi. L'anno scorso, l'amministrazione Modi ha sospeso i conti bancari indiani di Greenpeace e poi di Amnesty International, organizzazioni che assumevano posizioni giudicate come troppo critiche nei confronti della politica ufficiale.
Ora è la volta dei cristiani. Poco importa che Madre Teresa, che fondò il primo centro delle Missionarie della Carità a Calcutta nel 1950, abbia vinto il Nobel per la Pace nel 1979 e sia divenuta Santa nel 2016 proprio grazie a Papa Francesco che, su invito di Modi incontrato in Vaticano lo scorso ottobre, dovrebbe visitare l'India l'anno prossimo, o al più tardi nel 2023. Nonostante questo avvicinamento diplomatico, è caccia grossa ai cristiani.
O forse proprio per questo? Che sia un modo di strozzare le attività dei cristiani per poi allentare la presa e farla passare come una concessione? Non si può escludere. Ma questo Natale è stato uno dei peggiori per i cristiani indiani.
Oltre a una statua di Gesù Cristo frantumata nella notte del 25 dicembre nella Chiesa del Redentore ad Ambala, nell'Haryana, e altre sette città dove si è dato fuoco a pupazzi di Babbo Natale, interrompendo messe e canti cristiani, nel 2021 ci sono stati più di 300 episodi violenti contro i fedeli di Cristo. Un Annus horribilis che si conclude con un triste Natale per le suore che seguono l'esempio della loro amata Santa Teresa di Calcutta.