Alberto Anile per “la Repubblica”
Sono poche righe ma contengono un mondo: «Sono stato inseguito attraverso tutta l'Italia da Charles Luciano - chiamato "Lucky" da ignoranti lettori di giornali. Voleva convincermi a realizzare la vera storia della sua vita. Pensava che avrei dovuto farlo. Avrei dovuto scriverla e dirigerla e pure interpretarla. Avrei potuto elevarlo a una collocazione storica decente». Parla Orson Welles, pochi mesi prima di morire, alla sua biografa Barbara Leaming. Accenna a un progetto cinematografico mai realizzato con un gangster leggendario. Un episodio misterioso, talmente romanzesco da far sospettare di essere inventato.
Peter Bogdanovich, nel suo fondamentale Io, Orson Welles , ha cercato di andare più a fondo: quali gangster avrebbe conosciuto Welles? «Luciano e Costello, e perfino Capone», gli risponde lui. Bogdanovich è l' unica altra persona ad aver sentito Welles parlare del progetto di Luciano, anche se in termini ancora più vaghi, e in parte ridimensionandolo: «A Roma e a Napoli, Luciano e la sua banda avevano l' abitudine di venirmi a trovare, durante il suo esilio. Mi è sempre sembrata una persona particolarmente disgustosa; lo trovavo più sgradevole degli altri». Lo frequentavi perché avevi paura di lui?, gli chiede Bogdanovich. «Non è che lo si frequentasse», risponde Orson.
«Prendi un caffè all' Hotel Excelsior di Napoli, e Luciano si siede al tuo tavolo. È questo, frequentare Luciano; fino a quando è finito il caffè. Si dice, "ciao, Charlie, mi fa piacere vederti" - così lo si chiama, Charlie - e un paio di ragazzi si siedono anche loro. "Non ti piacerebbe fare un film su di me, Orsten (sic)?" mi diceva sempre. "La vera storia di Charlie Luciano?" Si faceva una pubblicità incessante; questo era uno dei motivi per cui mi dava la caccia per tutta l' Italia.
E io gli dicevo sempre, "sì, certo", mentre facevo cenni disperati per chiedere il conto!».
Viene il dubbio che Welles abbia ricamato sopra una conoscenza occasionale, inventandosi un' ipotesi cinematografica che somiglia tanto all'"offerta che non si può rifiutare" del Padrino di Coppola. Welles, di fatto rifiutandola, ci fa pure un po' la figura dell' eroe. Ma non si sa mai. È già capitato che delle possibili sbruffonerie trovassero poi conferma nell' improvviso ritrovamento di inoppugnabili pezze d' appoggio.
Qualcosa del genere accade anche in questo caso. Esiste infatti un documento, un rapporto americano ormai desecretato, in cui i nomi di Welles e di Luciano sono esplicitamente accostati. È la prova che quell' incontro (e, insieme ad esso, quel folle progetto di cinebiografia) è esistito davvero, che Luciano intendeva fare quel film, e farlo proprio con Welles.
Si tratta di un foglietto del 1948, conservato nei National Archives di College Park, nel Maryland, ritrovato in copia dentro l' archivio di Giuseppe Casarrubea, lo storico siciliano che ha studiato per anni le vicende di Salvatore Giuliano. Il rapporto porta la data del 17 marzo 1948, epoca in cui Welles stava per terminare le riprese di Cagliostro.
A quell' epoca Salvatore Lucania, negli States ribattezzato Charles Luciano, si trovava in Italia da quasi un anno, graziato dal governatore di New York Thomas Dewey, si dice per la collaborazione mafiosa offerta ai militari americani durante lo sbarco in Sicilia. Rispedito in patria come "indesiderabile", Luciano veniva osservato dagli italiani con un misto di timore e fascinazione; le nostre forze dell' ordine lo fermarono e interrogarono più volte ma in mancanza di reati accertati sul nostro suolo fu lasciato sostanzialmente in pace. Gli americani, che avendolo mandato via sapevano bene di cosa fosse capace, continuarono invece a sorvegliarlo con pressante regolarità.
Il documento dei National Archives fa parte di questo lavoro di intelligence. L' estensore del rapporto è tale Henry L. Manfredi, agente per conto dell' esercito americano, incaricato dalla Criminal Investigation Division di raccogliere informazioni utili. Manfredi riferisce di essere entrato in contatto diretto con Luciano una settimana prima, scrivendo tra l' altro che il gangster «ha parlato di un futuro incontro con Orson Welles, il famoso attore che al momento risiede a Roma al Hotel Excelsior ».
LUCKY LUCIANO INTERPRETATO DA VOLONTE
Non si entra nel dettaglio, ma non ci sono dubbi che l' argomento dovesse essere cinematografico: l' agente Manfredi informa del fatto che «Luciano sta facendo una grossa offerta per penetrare all' interno dell' industria cinematografica italiana». Per questo, Luciano si sarebbe avvalso anche dell' aiuto di uno zio di Ralph Liguori (luogotenente e amico del gangster) manager in una casa di produzione italiana (l' agente, per la verità, ammette di non essere riuscito a identificare né l' uno né l' altra).
Non era dunque millanteria o sbruffonata. Luciano aveva la seria intenzione di incontrare Welles e di fargli una proposta. Il rapporto di Manfredi cita anche il nome di un altro divo hollywoodiano: George Raft. Luciano avrebbe annunciato a Manfredi che l' attore, atteso di lì a poco a Parigi, avrebbe fatto «una tappa a Roma per discorrere con lui dell' industria cinematografica americana».
Va ricordato che Raft, oltre ad avere sangue materno italiano, aveva raggiunto il successo interpretando gangster fascinosi in Scarface e Morire all' alba , e Luciano, come molti altri mafiosi italoamericani, ne era particolarmente intrigato. L' agente Manfredi, come scrive nel suo rapporto, era riuscito a incontrare Luciano grazie a un contatto con Ralph Liguori, a Roma abitué del locale notturno La Nirvanetta.
È possibile che sia stato proprio Ralph Liguori a fissare un rendez vous tra il gangster e Welles. L' agente Manfredi non lo sapeva ma Welles e Liguori avevano rapporti amichevoli. Ne rimane traccia in un libro americano di Rosemary Valenti Guarnera, Me and the General , basato sui racconti di Liguori.
Uno dei più grandi registi del mondo e uno dei più pericolosi gangster mafiosi si sono dunque incontrati per parlare di un film. Difficile capire se Welles si comportò con Luciano svicolando nel modo raccontato a Bogdanovich o se gli abbia dato un po' retta come la testimonianza alla Leaming lascia immaginare. Luciano accarezzò a lungo l' ipotesi di una cinebiografia. Non sapremo forse mai il nome dei produttori a cui pensava, ma sappiamo che andò vicinissimo a realizzarlo.
Il nome è Martin Gosch, il cui fiore all' occhiello era la realizzazione di Gianni e Pinotto a Hollywood . L' ultimo incontro tra i due avvenne il 26 gennaio '62, all' aeroporto di Capodichino.
Gosch e Luciano si erano già visti più volte ma il progetto stentava a partire. L' appuntamento fu comunque risolutivo: fecero appena in tempo a vedersi, forse arrivarono a stringersi la mano, poi Luciano crollò pallido sul pavimento. Uno dei boss più pericolosi e temuti di sempre se ne andò per un infarto.
Alla fine il film si è fatto ma non l' ha realizzato Martin Gosch e nemmeno Orson Welles.
Lucky Luciano è uscito nel 1973, per la regia di Francesco Rosi e l' interpretazione di Gian Maria Volonté. Racconta più di ipotesi che di fatti concreti, lasciando intatti molti segreti del gangster. Forse a Luciano il risultato non sarebbe neanche dispiaciuto.