LA SMENTITA DELLO STUDIO LEGALE PEDERSOLI:
a cura di GLUCK per Dagospia
Le disavventure nei tribunali di Urbanetto Cairo tengono banco tra gli avvocati di grandi studi legali milanesi che, nonostante la pandemia, hanno visto il loro business toccare i 2,6 miliardi di euro. Al “Foyer alla Scala” di Gualtiero Marchesi, a due passi da piazzetta Cuccia, i rivali di lungo corso dello studio Erede&Bonelli, parlano di Sergio, il fondatore, come di un maestro che “avrebbe perso il tocco magico”.
Ma i rampanti legali che poppano le notizie dell’affaire Blackstone-Rcs dal sito Dagospia:” Al Corriere tengono le bocche cucite e quando le spalancano capovolgono la veridicità delle notizie”, mettono nel mirino della maldicenza il cinquantenne Stefano Simontacchi. Gran consigliere del patron del quotidiano di via Solferino sin dal suo primo ingresso in Rcs nel 2015 con il 4,6%.
PRINCIPI DEL FORO O DEL CODICE VENIALE?
Tant’è che il prode Simontacchi, l’Urbanetto azzoppato nella battaglia di Solferino l’aveva arruolato pure nel consiglio di amministrazione del gruppo. E l’ha seguito nell’impresa a dir poco temeraria di fare causa a Blackstone per spillare più denari al fondo americano, che avrebbe acquistato lo storico immobile ad un prezzo stracciato (120 milioni di Euro).
A New York l’hanno presa male. E dopo che il tribunale milanese nel merito gli ha dato ragione (nessuna svendita, operazione corretta e garantita dall’advisor Intesa-Imi)), ora Blackstone – che capitalizza 104,5 miliardi di dollari -, chiede i danni per essere stato - in pratica -,sputtanato da Cairo.
“E’ un autentico principe del codice, ma di quello venale non civile… del resto nasce commercialista”, ironizzano su Simontacchi i suoi colleghi più sprezzanti. Osserva uno dei soci anziani dello studio Pedersoli: “Teniamo a memoria l’insegnamento del grande giurista Piero Calamandrei: “gli avvocati non sono né giocolieri da circo, né conferenzieri da salotto…”. Come a dire, la giustizia è una cosa seria e non si fa nei giornali o nelle tv padronali.
EREDE-MONTEZEMOLO SCONFITTI DA DAGO
Il curatore di “Stramilano” ricorda che pure questo disgraziato sito, un peso piuma rispetto a Blackstone, ha sconfitto lo studio Erede&Bonelli in un’aula di tribunale. È accaduto nella causa intentata da Luca di Montezemolo che accusava Dagospia di aver intrapreso “una campagna diffamatoria” nei suoi confronti. Sanabile, secondo l’ex ragazzo spazzola di Agnelli, con il risarcimento di ben 2 milioni di euro. Un “botto” che avrebbe provocato la morte istantanea del sito.
luca cordero di montezemolo foto di bacco (6)
Nell’agosto 2015, dopo quattro anni, i giudici sentenziavano che gli articoli per i quali l’allora presidente della Ferrari aveva intentato causa “rappresentavano l’espressione del diritto di libertà di manifestazione del pensiero, di cui sono corollari i diritti di cronaca e, soprattutto, di critica e di satira, aspetto quest’ultimo preminente ed evidentissimo in tutti gli scritti menzionati”.
Questo disgraziato sito titolò quella notizia con un passionale: “Dio esiste e legge Dagospia”. Montezemolo fu costretto a rifondere anche le spese legali, circa 26 mila euro. Spiccioli. La parcella presentata a Luchino dallo studio Erede&Bonelli? Ah saperlo…
LA MILANO DI NAPOLEONE ALLA “GALLERIA ORSI”
L’altra Milano che conserva la sua sapienza e i suoi tesori d’arte nelle case e nei palazzi storici sfila ammirata alla “Galleria Orsi” di via Bagutta 14 che offre allo sguardo dei visitatori alcune opere di “collezione private” che celebrano l’epopea napoleonica in Italia.
Galleria Orsi - Giuseppe Bossi
Già, quella che lo scapigliato Carlo Dossi definiva una cultura familiare sin da dentro l’infanzia. “A duecento anni dalla morte di Napoleone penso sia importante poter riflettere sulla rilevanza di questa figura e sul ruolo che ha avuto sui destini di Milano anche con dipinti, 14 opere, serbati dai privati e mai esposti al pubblico finora”, rileva il curatore e padrone di casa, Carlo Orsi.
Tra i maggiori interpreti dell’Imperatore francese ci sono Andrea Appiani e Giuseppe Bossi. Quest’ultimo con un dipinto di Napoleone che fa dire a una simpatica visitatrice: “Sembra il tuo autoritratto, Carlo”. Beh, la somiglianza c’è: “Ai posteri l’ardua sentenza”, schiva l’insidia amichevole il gallerista. E i proprietari dei dipinti prestati e presentati? Ah saperlo...
ELKANN & ARMANI, “GONNE & MOTORI”
Tempi di lockdwon e di riflessioni per Re Giorgio slittando sul tapis roulant nella sua palestra casalinga di via Borgonuovo. Nella citta pret à porter dello spetteguless tutti danno per sicuro che, alla fine, l’alleanza “Gonne&Motori” tra Armani e Yaki Elkann sarà sancita sia pure in tempi non brevi.
Gli advisor sono già al lavoro sulla possibile join venture tra la Exor della famiglia Agnelli e la maison Armani che punta a costruire una holding del lusso sulla scia dell’LVMH di Arnault appena diventato socio di minoranza della Tod’s di Diego Della Valle.
DALLA “MARINARA” AI TACCHI LOUBUTIN
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Intanto, la cassaforte di Torino ricca di soldoni sembra muoversi nella direzione high fashion dopo l’acquisizione di una quota della cinese Shang Xia titolare del marchio delle scarpe Loubutin.
Mai, però, in presenza di Re Giorgio citare il nome dell'imprenditore francese che ha scalato tutte le classifiche dei Paperoni mondiali. Le dimensioni del gruppo di Giorgio Armani, del resto, non sarebbero certo un problema per una jont venture avanzata dalla Exor. E molti immaginano che sulla via della seta e della moda il nipote dell’Avvocato intenda fare passi da gigante.
ARNAULT IMPERATORE DI MONTENAPOLEONE
Già. “Jamais avec les français“, ricorda ai suoi interlocutori il suo fidato braccio destro Leo Dell’Orco seduto al sole del “Caffè Armani”. Facendo proprio il pensiero (ostile) di Re Giorgio nei riguardi di Bernard Arnault, bruciato ancora nell’orgoglio per aver dovuto cedere ai francesi la sua boutique storica di via Montenapoleone.
Uno sfratto ch’è scandisce l’ultima conquista dell’imperatore del lusso francese dopo aver espugnato le vetrine del quadrilatero della moda con i suoi brand che rappresentavano il nostro Made in Italy: Acqua di Parma, Bulgari, Cova, Emilio Pucci, Fendi, Loro Piana oltre ai suoi marchi autarchici Luis Vuitton e Dior.
MORSI DELLE VIPERE SU CLEOPATRA-BRIVIO
Vatti a fidare delle amiche che magari ospiti nelle tue dimore storiche. Al ristorante “il Bolognese” di Alfredo Tomaselli è tutto un bru bru delle sciure sulla marchesa dai lombi romani, Marta Minozzi Brivio Sforza. Dalla “povera Marta ingannata” del chiacchiericcio si passa al volo “alla furbacchiona” che avrebbe ingannato il commerciante di preziosi Albert Hamadani rifilandogli dei “serpenti Bulgari”, modello Liz Taylor, che a una perizia sono risultati dei tarocchi. I monili sono stati sequestrati e la Marta, che professa la sua buona fede, è a un Brivio: ho rifonde il compratore (200 mila euro) oppure rischia di finire in tribunale.
“IL BARETTO” RIAPRE ALL’HOTEL DE MILAN
Nel 2022 “il Baretto” festeggerà i suoi primi sessant’anni nella nuova location all’”Hotel de Milan” in via Manzoni dopo aver dovuto lasciare il “Baglioni Carlton”. Per Ermanno Taschera e Vincenzo Zagaria, gran signori dell’accoglienza in sala, è il terzo trasloco dal 1962 quando in via Sant’Andrea furono testimoni della fondazione dell’angusto ex “MonkeyBar” poi divenuta l’attuale bottega storica. E le tre statuine delle scimmie sistemate sopra il bancone-bar troveranno anche loro una collocazione nelle sale del ristorante-mensa di molti morti di fama (e non) milanesi.
ristorante al baretto Baretto - Ermanno Taschera e Vincenzo Zagaria