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Estratto dell’articolo di Silvia M.C.Senette per www.corriere.it
Si avvicina a una soluzione, quantomeno sotto il profilo del risarcimento economico come accordo tra le parti, l'annosa vicenda della baita devastata a Canazei nel corso di "raid" giovanili. Una lista infinita di danneggiamenti alla struttura - la casa di montagna della famiglia bolognese Roncari-Tamburini - avvenuti nel corso di tre blitz vandalici differenti avvenuti tutti tra dicembre il 2020 e il marzo 2021. Protagonisti, 12 minorenni della "Canazei bene", all'epoca dei fatti quasi tutti minorenni, le cui azioni si erano tradotte in oltre 130mila euro di danni.
Per anni i legali della famiglia bolognese si erano mostrati accomodanti con le famiglie dei ragazzi nella speranza che venisse avanzata una proposta di risarcimento congrua. Offerta che non era mai pervenuta. Fino allo scorso gennaio quando Anna Bonafede, la quarantenne nipote ed erede dei proprietari, aveva raccontato di un approccio tra avvocati: dal Trentino era giunta un'offerta di risarcimento «ridicola» e «totalmente inadeguata», pari alla metà di una cifra quantificata tre anni prima e parziale, non comprensiva di parecchie voci tra cui la direzione dei lavori e i sopralluoghi, così come degli incrementi dei costi delle materie prime di serramenti e vetri, dell'abolizione del 110% e, soprattutto, del danno morale cagionato.
Quei 55 mila euro sono la cifra che i giovani imputati, ora maggiorenni, hanno portato settimana scorsa di fronte al giudice del tribunale dei minorenni di Trento in un'udienza durata cinque ore: secondo i difensori questo doveva rappresentare un palese segno di ravvedimento e il tentativo di porre rimedio a quanto fatto. L'offerta economica e le scuse dei ragazzi coinvolti erano, da linea difensiva, il preludio alla richiesta di messa alla prova.
Per due di loro è stata invece chiesta la completa assoluzione in virtù della «particolare tenuità dei fatti» o, in alternativa, il perdono giudiziale. Chi accompagnato dai legali, chi anche dai genitori, gli imputati erano tutti presenti in aula. Alcuni hanno attribuito quella ferocia - caldaia smurata, impianto dell'acqua preso a martellate e lasciato aperto per mesi, porte sventrate e buttate nel ruscello sottostante, finestre infrante, frigorifero e lampadari lanciati dal balcone - all'abuso di superalcolici, confessando di non essere stati nel pieno delle loro facoltà tanto da non rendersi conto di quello che stavano facendo.
Altri si sono detti pentiti e uno di loro si è persino messo a piangere. Unanime la linea per negare l'utilizzo di sostanze stupefacenti. È invece trapelato disappunto per l'amico "graziato" dalla sorte: i giovani coinvolti erano inizialmente 17, di cui cinque - due le ragazze - avevano visto stralciare dall'indagine la loro posizione in quanto non materialmente coinvolti nelle devastazioni. […]