GIORDANO STABILE per La Stampa – www.lastampa.it
L’ambasciatore cinese in Israele, arrivato da appena tre mesi, è stato trovato morto nella sua residenza in un quartiere residenziale di Tel Aviv. Du Wei era stato nominato a capo della diplomazia cinese nello Stato ebraico dopo aver servito come ambasciatore in Ucraina. Le cause del decesso sono per adesso “ignote”. Du Wei aveva scritto pochi giorni fa un articolo sul Jerusalem Post sulla vicinanza e la resilienza dei popoli israeliano e cinese, anche in risposta alle critiche del segretario di Stato americano Mike Pompeo durante la sua visita nel Paese la settimana scorsa. Il giallo è alimentato dalle forti tensioni fra Washington e Pechino, che si contendono sfere di influenza e business in Israele, giudicato un Paese strategico sulla Via della Seta.
Nessun segno di violenza
Il diplomatico è stato rinvenuto nel suo letto dai domestici della sua residenza, senza segni di violenza sul suo corpo. Una delle ipotesi è un arresto cardiaco ma la polizia ha avviato comunque un’inchiesta. Du Wei, 58enne, sposato e padre di un figlio, era arrivato in Israele all’inizio dell’anno. Approdato a metà febbraio, aveva ricevuto le credenziali solo a fine marzo perché al suo arrivo era rimasto quindici giorni in quarantena per via della pandemia di coronavirus. Viveva nel quartiere di Herzliya. La sua famiglia non era al momento con lui in Israele. In un altro periodo il decesso non avrebbe suscitato sospetti, ma adesso le tensioni sino-americane sono ai massimi.
Gli attacchi di Pompeo
Nella sua visita, conclusa tre giorni fa, Pompeo ha parlato soprattutto di Cina e in un’intervista alla tivù di Stato ha puntualizzato che la Casa Bianca non vuole che “il Partito comunista cinese abbia accesso alle infrastrutture israeliane e al sistema di telecomunicazioni. Tutto ciò mette i cittadini israeliani a rischio. Pensiamo che sia un rischio molto e serio e condivideremo informazioni su questo”. Il riferimento è ai contratti sullo sviluppo della rete 5G e soprattutto sulla concessione al porto di Haifa, che sarà trasformato dai cinesi in un grande hub del Mediterraneo orientale, a due passi da una base militare che ospita spesso le navi della Sesta flotta.
Rete 5G e lotta al coronavirus
MIKE POMPEO BENJAMIN NETANYAHU
Da circa due anni Washington fa pressione perché questi progetti siano sospesi o annullati. Analisti locali hanno rivelato che Pompeo ha messo sul piatto uno scambio “Cina contro Cisgiordania”, cioè il via libera alle annessioni nella West Bank in cambio della rottura dei rapporti con la Cina. Anche l’esaltazione della collaborazione nella lotta al coronavirus ha un coté cinese, perché aziende di Pechino già collaborano con laboratori israeliani, specie nel campo dei test rapidi. Un rapporto dell’Università di Haifa dei ricercatori Benjamin Miller e Moran Zaga ha anticipato queste tensioni fra Usa e Israele. I ricercatori sottolineano che l’epidemia è sfruttata dalla Cina per aumentare la sua penetrazione in Medio Oriente.
MIKE POMPEO CON MASCHERINA PATRIOTTICA
La risposta dell’ambasciatore
La reazione dell’ambasciatore non si era fatta attendere. “Pompeo da tempo considera prodotti e investimenti cinesi come rischi per la sicurezza senza produrre prove a sostegno delle sue accuse -era stata la replica -. Confidiamo che i nostri amici ebrei non solo siano in grado di sconfiggere il coronavirus ma anche il virus politico e scegliere la linea di azione che serve meglio i loro interessi”. Du Wei aveva anche affrontato la questione degli investimenti cinesi nelle infrastrutture israeliane e aveva definito le relazioni tra due Paesi come “win-win”, in un rapporto di vantaggio reciproco e sottolineato come gli investimenti nel Paese “rappresentano soltanto lo 0,4 per cento del totale cinese nel mondo”.
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