Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”
All'appello mancano ancora i risultati degli esami tossicologici. Solo allora si potrà avere un quadro più chiaro di quello che nel pomeriggio del 20 gennaio scorso è accaduto nel camper soprannominato «Nic» con il quale Janna Gommelt, tedesca di 25 anni, e il fidanzato irlandese Michael Douglas, di 34, volevano girare l'Europa. Lei è morta nel giro di pochi minuti stroncata da quello che, almeno per ora, sembra un improvviso malore, prima dell'arrivo dell'ambulanza e di un'automedica dell'Ares 118 che avrebbero impiegato - secondo l'accusa lanciata dall'uomo - 43 minuti per raggiungere viale di Focene, a Fiumicino.
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«Lui ha chiamato il 112 chiedendo aiuto, abbiamo geolocalizzato la posizione raggiunta in 18 minuti, ma poi si è spostato e abbiamo dovuto allertare i carabinieri per rintracciare dove fosse finito», la replica dei soccorritori. Un ritardo che per il fidanzato e i familiari di Jenna potrebbe essere stato fatale alla ragazza di Weismain, vicino a Norimberga, partita nel novembre 2021 per un tour che li aveva portati in Sicilia, aggiornato sulla pagina Facebook della coppia con foto e commenti. «Non vedo l'ora di combattere le mie ansie», aveva scritto Jenna poco prima di morire.
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La Procura di Civitavecchia indaga contro ignoti per istigazione al suicidio, i carabinieri della compagnia di Ostia hanno sentito non solo il fidanzato della 25enne, ma anche un medico e gli infermieri inviati a Fiumicino. L'autopsia è stata effettuata il 26 gennaio all'istituto di medicina legale del Verano: non sono stati riscontrati segni di violenza, come del resto non li hanno trovati i carabinieri durante il sopralluogo nel camper. Non c'erano nè farmaci, nè sostanze di altro genere.
«È morta per colpa dei soccorritori, al telefono con la sala operativa non c'era nessuno che parlasse in inglese, sono rimasto oltre dieci minuti in linea senza che nessuno mi capisse», è l'altra accusa di Douglas, alla quale tuttavia ieri prima l'assessorato alla Sanità della Regione Lazio e successivamente la direzione sanitaria del 118 hanno risposto divulgando un audio, definito «integrale», di poco più di due minuti, nel quale invece l'irlandese viene assistito da un operatore in servizio presso la sala operativa del Numero unico di emergenza 112, che parla perfettamente in inglese e fornisce indicazioni dettagliate.
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Insomma un giallo, anche perché ai carabinieri, nel drammatico pomeriggio del 20 gennaio, Douglas non avrebbe riferito nulla al riguardo, come anche il personale sanitario è stato sentito soltanto in relazione alla situazione che si è era trovato di fronte nel camper dove, sempre secondo la versione dell'irlandese, la sua fidanzata si sarebbe accasciata all'improvviso. Ma allora, si chiedono 118 e anche chi indaga, perché se aveva comunque ricevuto assistenza nella sua lingua ed era stato geolocalizzato, si è poi spostato prima dell'arrivo dell'ambulanza causando lui, almeno secondo questa ricostruzione, il ritardo forse decisivo?
Oltre alla relazione iniziale, i carabinieri non hanno a tutt' oggi ricevuto una delega a svolgere altri accertamenti da parte della Procura che il 15 febbraio ha messo la salma di Jenna a disposizione della famiglia. Ma il caso non è ancora chiuso. «C'è stato qualche intoppo burocratico per il rimpatrio in Germania - spiega l'avvocato italiano dei Gommelt, Manuele Piccioni -, al comune di Fiumicino hanno sbagliato una lettera del cognome e la trafila si è bloccata per qualche giorno. Ma quello che i parenti di Jenna vogliono davvero è capire cosa sia successo vicino a Roma. Io assisto solo loro, non il suo ragazzo. A me non ha mai detto niente dei ritardi nei soccorsi: voleva solo sapere come riavere le cose della sua ragazza».
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