IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - CON HARDY KRUGER, SCOMPARSO NELLA SUA CASA DI PALM SPRINGS A 91 ANNI DOPO QUARANT’ANNI O QUASI DI ASSENZA DALLO SCHERMO, SE NE VA IL PIÙ GRANDE ATTORE TEDESCO DEL DOPOGUERRA - BIONDO, BELLO, DAL VOLTO FIERO, RAPPRESENTÒ IN TANTI FILM IL TEDESCO CHE NON SI ARRENDE, CHE NESSUNA GUERRA AVREBBE POTUTO UMILIARE. L’UNICO IN GRADO DI POTER FARE DA ANTAGONISTA A JAMES STEWART O JOHN WAYNE NELLE GROSSE PRODUZIONI AMERICANE… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Con Hardy Kruger, scomparso nella sua casa di Palm Springs, Los Angeles, a 91 anni dopo quarant’anni o quasi di assenza dallo schermo, se ne va il più grande attore giovane tedesco del Dopoguerra. Sicuramente il più noto, grazie anche a film come “Il volo della Fenice” di Robert Aldrich, “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick, “Hatari!” di Howard Hawks, “Quell’ultimo ponte” di Richard Attenborough, “La tenda rossa” di Mikhail Kalatozov, “I quattro dell’Oca Selvaggia” di Andrew McLaglen.

 

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Biondo, bello, dal volto fiero, meno romantico del viennese Oskar Werner, rappresentò in tanti film di guerra e di coproduzione, il tedesco che non si arrende, che nessuna guerra avrebbe potuto umiliare. L’unico in grado di poter fare da antagonista a James Stewart o John Wayne nelle grosse produzioni americane.

 

Lo ricorderete nel ruolo dell’ingegnere tedesco di aeroplanini giocattolo Heinrich Dorfmann che ri-costruisce l’aereo finito nel deserto in “Il volo della Fenice” e per questo pretende di bere più acqua di tutti. Nato nel 1928 a Wedding, in Germania, a 13 anni faceva parte della famigerata Hitler Jugend come tanti ragazzini tedeschi. A 15 anni inizia a far l’attore in “Junge Adler”, ma già a 16 anni viene spedito come soldato di fanteria nella SS-Grenadier-Division "Nibelungen", nel pieno di una guerra ormai persa. Catturato dagli inglesi, cerca di scappare per tre volte.

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Al terzo tentativo di evasione ci riesce. Col Dopoguerra, nel 1949 può riprendere la carriera cinematografica. I primi film sono “Diese Nacht Vergen ich nie” e “Genoveffa la racchia”. Bravissimo, in grado di parlare inglese e francese perfettamente, ben presto diventa protagonista a fianco di dive celebri come Hildegarde Knef, in “Illusion in Moll” di Rudolf Jugert o come Mara Schell in “Quando mi sei vicino” di Harald Braum. Fa una piccola apparizione nel film di Otto Preminger “La vergine sotto il tetto” con William Holden, David Niven e Maggie McNamara. E passa agilmente dalle produzione tedesche a quelle inglesi, grazie a un contratto per tre film che gli ha fatto J. Arthur Rank nel 1957. Il primo è “Sfida agli inglesi” di Roy Ward Baker con Colin Gordon, dove interpreta l’ufficiale tedesco.

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Lo troviamo poi nel più leggero “Uno straniero a Cambridge” di Wolf Rilla con la Bardot inglese, Sylvia Syms, e nel bellissimo giallo “L’inchiesta dell’ispettore Morgan” diretto dall’americano Joseph Losey, che si era rifugiato assieme agli sceneggiatori Ben Barzman e Millard Lampell in Inghilterra a causa della caccia alle streghe maccartista. Assieme a lui troviamo Stanley Baker e Micheline Presle. Torna in patria per una fortunata variazione dell’”Amleto di Shakespeare, “Il resto è silenzio” di Helmut Kautner, ma torna a intepretare l’ufficiale tedesco da coproduzione internazionale in “Un taxi per Tobruk” del francese Denys de la Patelliére con Charles Aznavour e Lino Ventura. Il grande successo arriva con il film di avventure in Africa “Hatari!” diretto da Howard Hawks e interpretato da John Wayne e Elsa Martinelli.

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Si innamora così tanto della location in Tanganika, oggi si chiama Tanzania, che si compra la terra e il villaggio. Ci costruirà un hotel dove i turisti potranno vedere gli animali selvaggi del film in libertà. Quella dell’Africa e del rispetto per la natura e per gli animali sarà una passione che durerà per tutta la vita. Con “Hatari!” arriva il grande successo. Per tutti gli anni ’60 gira da una produzione all’altra e da paese a paese. “L’uomo senza passato” di Serge Bourguignon, “Le quattro verità” nell’episodio di Luis Garcia Berlanga, “Amori di una calda estate” di Juan Antonio Bardem, il fondamentale “Il volo della Fenice”, ma anche il curioso “L’Affare Goshenko” diretto dal produttore Raoul Levy con Montgmery Clift e addirittura Jean-Luc Godard.

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Lo troviamo nel francese “Femmina” di Georges Lautner con Mireille Darc, e nell’italiano “La monaca di Monza” di Eriprando Visconti con Anne Heywood, da “La battaglia della Neretva” di Veljko Bulajic a “Il segreto di Santa Vittoria” di Stanley Kramer con Anthony Quinn e Anna Magnani, dal drammatico erotico inglese “La tua presenza nuda” di James Kelly con Britt Ekland a “La tenda rossa” sulla spedizione Nobile, da “Barry Lyndon” di Kubrick al western tedesco “Massacro a Condor Pass” di Peter Schamoni a fianco di Stephen Boyd.

 

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La coda degli anni ’70 lo vedono ripetersi nel ruolo di ufficiale tedesco che non ha mai amato, “Quell’ultimo ponte” dove è il maggiore generale Ludwig, “I quattro dell’Oca Selvaggia” con Richard Burton, Richard Harris, Roger Moore. Ma lo troviamo ancora in qualche buon film, come “Obiettivo mortale” di Richard Brooks con Sean Conney e “La talpa” di Tom Clegg con Dennis Hopper e Gosta Ekman. Si è sposato tre volte. Nel 1950, a 17 anni, con Renate Densow, con la quale faranno una figlia, nel 1964 fino al 1977 con l’italiana Francesca Camarazzi, con la quale avranno due figli, e dal 1978 fino a oggi con Anita Park. Prima di andare a vivere a Palm Springs era stati anni nel suo Hatari Lodge a Monte Meru in Tanzania.

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