Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
Non è il riconoscimento dei confini solidi di terra, la frontiera verso il nord di Israele resta fronte di guerra. La linea su cui il Libano e il governo a Gerusalemme si sono messi d'accordo ondeggia con le correnti del Mediterraneo orientale, passa vicino alle boe che fino ad ora l'hanno indicata senza che ci fosse un'intesa. E di fatto ancora non esiste per via diretta. I libanesi si sono stretti la mano con gli americani, gli israeliani pure, in mezzo il presidente Joe Biden a fare da garante.
Resta un passo «storico» come lo definisce Yair Lapid (e Biden lo conferma), il primo ministro israeliano, un patto che i mediatori inviati dalla Casa Bianca hanno potuto mettere insieme solo con il benestare di Hezbollah da Beirut: l'organizzazione filo-iraniana ha per mesi minacciato di attaccare la piattaforma per l'estrazione del gas spedendo droni intercettati dall'aviazione. Adesso i due Paesi possono continuare le operazioni senza dover rischiare la guerra.
Energean, la società britannico-greca che ha preso in concessione il bacino di Karish dagli israeliani, è più avanti nei lavori, sta già testando i tubi per trasportare il gas verso la costa a nord di Haifa. I libanesi rinunciano alle pretese su questa zona e in cambio ottengono di poter partire con le esplorazioni anche in un tratto rivendicato dagli israeliani versando al «nemico» parte dei proventi.
Prima di sapere quanto valga il giacimento ci vorranno mesi, per sfruttarlo anni, immediata è la speranza che serva a risollevare l'economia libanese disastrata. L'intesa tra le nazioni che non hanno rapporti diplomatici - Israele ha occupato il sud del Libano dal 1982 al 2000, con Hezbollah ha combattuto per 34 giorni di conflitto nell'estate del 2006 - potrebbe contribuire a alleggerire i problemi di approvvigionamento di gas verso l'Europa dopo le ritorsioni russe.
joe biden in israele yair lapid
Ormai gli americani sembrano considerare infattibile il progetto East Med, duemila chilometri di tubature tra Cipro, Grecia, fino all'Italia. È più probabile che le estrazioni israeliane vadano in Egitto e da lì vengano trasportate liquefatte via nave. Il governo di Lapid deve riuscire a ratificare l'accordo entro la fine del mese, il primo novembre si vota. È una corsa contro il tempo: il parlamento ha due settimane per discutere i dettagli, due petizioni sono state presentare alla Corte Suprema per bloccare tutto. Bibi Netanyahu, capo della destra all'opposizione che spera di tornare al governo, ha già annunciato di essere contrario e di voler cancellare la firma dovesse riprendersi il potere («è una capitolazione a Hezbollah»).
«Il problema è che i politici israeliani - commenta Anshel Pfeffer, editorialista del quotidiano Haaretz - stanno sfruttando il patto a fini elettorali e rischiano di farlo saltare. Lapid lo esalta oltre la sua reale portata: non è la pace, 140 missili di Hezbollah restano puntati verso Israele. Mentre Netanyahu, che se fosse stato premier avrebbe anche lui parlato di trionfo, vuole affossare il successo dell'avversario».
BENJAMIN NETANYAHU benjamin netanyahu