NON PLUS ULTRAS - GLI SCONTRI IN AUTOSTRADA TRA I TIFOSI NAPOLETANI E ROMANISTI MOSTRANO LA NUOVA FACCIA DEL TIFO ORGANIZZATO IN ITALIA - GLI INCIDENTI AVVENGONO SEMPRE PIÙ LONTANO DAGLI STADI. CAMBIA ANCHE IL CODICE D'ABBIGLIAMENTO CON CAPPUCCI E GIUBBOTTI NERI, QUASI A SIMBOLEGGIARE CHE IL CALCIO NON C'ENTRA NIENTE CON GLI EPISODI DI VIOLENZA - I DATI DELL'OSSERVATORIO NAZIONALE SULLE MANIFESTAZIONI SPORTIVE CONFERMANO IL…

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Franco Giubilei per “la Stampa”

 

Un tempo gli ultras che si affrontavano tenevano in bella evidenza colori e simboli, perché fossero evidenti a tutti. Invece negli scontri nell'area di servizio sull'A1 fra napoletani e romanisti erano tutti uguali: incappucciati e con giubbotti neri, secondo un nuovo codice di abbigliamento ultrà in voga negli ultimi anni che segna anche un mutamento nella fenomenologia della violenza legata al calcio.

 

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Gli incidenti avvengono sempre più lontano dagli stadi, fortemente presidiati, e così gli ultras si aspettano all'autogrill vestiti nel modo più uniforme possibile - «sembravano black bloc», ha osservato un testimone domenica scorsa - ma anche, come vedremo, secondo dettami stilistici che vedono il debutto di una nuova categoria, i «casual».

 

Un modo per sfuggire al riconoscimento che in luoghi del genere, fra i pochi ancora scelti per darsele, considerata l'abbondanza di telecamere è piuttosto probabile. L'uomo arrestato domenica sera è un tifoso della Roma che, secondo voci del mondo ultras, potrebbe appartenere ai Fedayn della Sud.

 

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Il suo avvocato Lorenzo Contucci però non ha ancora potuto incontrarlo e quindi non ha informazioni né sul suo gruppo di appartenenza né sulla sua vita. Contucci conosce bene l'ambiente e le dinamiche degli incidenti negli autogrill le ricorda da quarant' anni. La differenza rispetto ad allora è che oggi l'unico fronte è l'autostrada.

 

All'interno dello stesso mondo ultrà c'è chi stigmatizza gli scontri in A1, come questo tifoso della vecchia guardia dei Drughi della Juventus, uno dei gruppi sciolti dopo l'inchiesta giudiziaria sul bagarinaggio e sulla presenza di mafiosi in curva, che li definisce «da pazzi»: «Secondo il nostro codice ci si menava anche duramente, ma senza coinvolgere gente che non c'entrava, invece qui hanno rischiato di fare un macello, senza preoccuparsi delle macchine che passavano e tirando petardi e fumogeni in mezzo alla carreggiata».

 

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I dati dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive confermano una recrudescenza della violenza in serie A nella scorsa stagione rispetto al campionato 2018/19 (in mezzo ci sono state le chiusure per Covid): da 18 a 25 le partite con feriti in A, da 5 a 30 il numero dei feriti fra le forze dell'ordine, mentre calano i feriti fra i civili, da 22 a 16. Nelle tre serie professionistiche il bilancio generale vede la crescita degli incontri con feriti (da 43 a 44) e dei poliziotti e carabinieri colpiti (da 43 a 50).

 

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Niente a che vedere con i numeri esorbitanti di Anni 80, 90 e 2000 ma comunque segnali di ripresa degli atti violenti. Quanto ai Daspo, le temutissime «diffide» che impediscono ai facinorosi di avvicinarsi agli impianti, alla fine della scorsa stagione erano complessivamente 6.343, di cui ben 1.741 solo nell'ultimo campionato considerato.

 

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Quanto alla pericolosità delle tifoserie, i dati sono complessivi e non si soffermano sui vari gruppi come nel passato, quando ai vertici della pericolosità c'erano romanisti, napoletani, atalantini, veronesi, ma anche milanisti e tifosi di squadre minori come i livornesi (poi diffidati dal primo all'ultimo, al pari delle Brigate gialloblù veronesi). Oggi ci si attrezza come si può per trovare nuovi fronti e adesso che le aree di servizio finiscono sotto il faro dell'opinione pubblica, più d'uno teme che «dopo il decreto-rave facciano un decreto-autostrade».

 

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Racconta un esponente della curva bolognese: «Tutti noi gruppi ultras teniamo sempre d'occhio i tragitti degli altri quando si va in trasferta, è la regola base per non cadere in imboscate e per presentarsi preparati». Gli agguati in autogrill funzionano così: Gli ultras delle varie squadre conoscono i movimenti dei gruppi nemici e spesso vanno ad aspettarli dove sanno che passeranno. Ma così come lo sappiamo noi lo sa la polizia, che domenica sull'A1 non si è praticamente vista».

 

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Un tempo era diverso: «Era lo stesso autista del pullman che, su indicazione della questura, decideva se fermarsi o no in certe aree di servizio. Allora capitava che dovevamo aspettare l'autogrill successivo, ma certi incontri venivano evitati». Racconti recenti parlano invece di incidenti scongiurati per un soffio fra bolognesi e milanisti, che stavano ad aspettarli nel solito autogrill ma stavolta si sono accontentati di qualche selfie in posa da duri. La serie B non fa eccezione: segnalati i vicentini in attesa dei padovani e i reggiani che, sempre in autostrada, facevano la posta ai lucchesi.

 

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E poi c'è l'outfit, sempre legato all'esigenza di rendersi irriconoscibili, ma anche un vezzo: «Si formano gruppi detti "casual", estranei a quelli soliti, che non mettono colori o simboli e si vestono con giubbotti tutti uguali, genere North Face», dice un tifoso milanista. Un fenomeno che sembra andare di pari passo con lo scioglimento dei gruppi storici: è successo ai milanisti dopo la cacciata della Fossa dei Leoni e un breve interregno dei Guerrieri Ultras.

 

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Oggi si chiamano Curva Sud Milano. Gli Irriducibili sono scomparsi lasciando il posto a un generico Ultras Lazio e da ultimo i Boys dell'Inter hanno cancellato lo striscione dal loro settore confluendo nella Curva Nord Milano. Un'operazione maquillage che nel caso degli interisti è avvenuta dopo l'uccisione dell'ex capo dei Boys, Vittorio Boiocchi, eliminato per questioni esterne al mondo ultrà.

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