Alessandro Rico per "la Verità"
«Sostanzialmente stiamo andando bene, quello che è stato fatto nelle ultime due-tre settimane in Italia, con il rischio ragionato, ha funzionato e ha portato a buoni risultati».
Parola di Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute (e dell' Iss francese da pochi giorni). Colui che, da novembre a marzo, ha chiesto una volta al mese il lockdown.
Salvo accorgersi, come molti altri chiusuristi, che il ritorno di ristoranti, bar, palestre e gite, non ha provocato la strage che loro paventavano.
Eccola, la carrellata di appelli accorati di Ricciardi.
Giorno 9 novembre 2020: «Serve il lockdown delle città, ultimo tentativo prima di chiudere tutto il Paese». Giorno 21 dicembre 2020: «Serve subito un lockdown di due mesi». Giorno 15 gennaio 2021: «Serve un lockdown per tre o quattro settimane». Giorno 14 febbraio 2021, San Valentino col Covid, ma con qualche sprazzo di ragionevolezza in più: dalla serrata totale si passa all' esortazione a «lockdown brevi e mirati» e a «testare e tracciare in modo efficace».
Misura che lo stesso Ricciardi, esattamente un anno prima, sconsigliava, puntando il dito sui test a tappeto del Veneto e spiegando che bisognava tamponare soltanto i sintomatici.
Come nel romanzo di Robert Louis Stevenson, di «ultimi guappi» ce ne sono due: il dottor Ricciardi e mister Walter.
E non è finita.
Giorno 9 marzo 2021. Famiglia Cristiana domanda all' esperto: serve il lockdown? Lui risponde: ci vuole «una chiusura dura e concentrata nel tempo», di «poche settimane».
Poi, in lockdown c' è finito proprio Ricciardi, che con l' avvento del governo Draghi ha diradato le uscite pubbliche.
Fino all' illuminazione: con le aperture, nessuna ecatombe.
massimo galli va in silenzio stampa 9
Se n' è accorto anche Massimo Galli, uscito da un breve embargo televisivo per tornare nel salotto di Bianca Berlinguer. Alla quale, civettuolo, ha giurato: «La tv non mi è mancata». Il prof del Sacco di Milano era quello che salutava così il decreto 26 aprile: «Rischio calcolato?
Calcolato male».
Galli si è concesso, sì, un «sospiro di sollievo», ma non ha rinunciato a qualche puntarella tragica: «Si infettano in modo asintomatico molte persone e questo è un problema». Be', meglio di quando finiscono in ospedale.
Virus sparito nel 2022? «Mi sembra un' ipotesi campata in aria». Immunità di gregge?
«Rimango perplesso». I vaccini? «Sono arrivati molti elementi di variazione» nel virus.
E poi «non si è ragionato sulle strategie alternative per coloro che non hanno una risposta immunitaria dopo il vaccino».
Più che Galli, gufi. Con etereo candore, il luminare ha avuto persino il coraggio di dire: «Non ho previsto catastrofi».
Toh: all' improvviso, i profeti di sventura del Covid si sono volatilizzati.
Persino Nino Cartabellotta, che vaticinava una «inevitabile» risalita dei contagi dal 15 maggio, dopo l' articolo con cui La Verità l' ha inchiodato al suo ennesimo pronostico sgangherato, ha provato a twittare: «Le stime sull' evoluzione della pandemia devono sempre considerare il worst case. Non è pessimismo o catastrofismo, ma principio di precauzione».
Chiaro? Per andare in tv, le sparano grosse: morirete tutti.
Se sopravvivete, era «principio di precauzione».
Chi di voi, quando prende la macchina, non pensa: è «inevitabile» crepare in un incidente? Avrà ragionato così, Fabrizio Pregliasco: «Un rialzo» delle infezioni «ce lo aspettiamo, un colpo di coda di virus dovuto a tutte queste riaperture ci potrebbe essere».
I telepredicatori in camice bianco vanno capiti: se sparisce l' epidemia, sparisce la fama. E allora, s' attaccano a tutto: calano i contagi? Ci sono i morti. Calano i morti? Ci sono gli asintomatici. Non si trovano gli asintomatici? Spuntano le varianti. Andy Warhol, lui sì, aveva azzeccato una previsione: un quarto d' ora in più di Covid è un quarto d' ora in più di celebrità.