Franco Giubilei per “la Stampa”
Saman non ci voleva stare alle regole ultradizionalista di una famiglia che la voleva sposata a un cugino, aveva anche denunciato i genitori ai carabinieri e passato quattro mesi in comunità, al riparo da un padre e una madre che avevano già acquistato i biglietti aerei per il Pakistan, per il più classico dei matrimoni combinati.
Non è bastato: tornata a casa dalla struttura che l'aveva protetta, è semplicemente scomparsa nel nulla, finché non sono iniziate ricerche che, dall'obiettivo iniziale di riuscire a ritrovarla viva, si sono trasformate nel tentativo di riportare alla luce un cadavere, con i cani molecolari all'opera nei dintorni della casa della diciottenne, a Novellara, nel Reggiano.
Gli indizi raccolti dagli inquirenti fanno pensare a un omicidio, probabilmente preceduto dal sequestro della ragazza e quasi certamente seguito dall'occultamento del corpo, a cominciare dalle immagini riprese da un impianto di videosorveglianza vicino la casa della giovane lo scorso 29 aprile che mostrano tre uomini, tre parenti di Saman con due pale, un sacchetto, un piede di porco e altri strumenti di lavoro fra cui un secchio.
Che siano stati costoro a far sparire il cadavere di Saman andrà dimostrato, ma è un fatto che i suoi genitori e uno zio che viveva con loro sono volate in Pakistan e che la ragazza non si trovava su quel volo.
Novellara, centro di tredicimila abitanti della Bassa reggiana dove gli immigrati sono oltre il 15% della popolazione (ma prima del Covid erano arrivati al 18%) e i pakistani sono l'etnia più numerosa con 419 persone dopo gli indiani, 500, si risveglia sconvolta da un dramma senza precedenti, da queste parti: «Eravamo in contatto con la famiglia di Saman da un anno, da quando si allontanò per qualche giorno da casa sua - dice la sindaca, Elena Carletti, figlia del fondatore dei Nomadi, Beppe -. La ragazza si trovava in Italia dal 2016, ha anche un fratello sedicenne, mentre il padre lavorava da almeno dieci anni come contadino nella più grande azienda agricola di meloni e cocomeri della zona. Era diventato l'uomo di fiducia nell'organico della ditta».
Erano noti ai servizi sociali i rapporti problematici fra una giovane donna che malsopportava certi costumi medievali mentre la famiglia, socialmente molto isolata, non aveva contatti neanche col centro islamico. La scoperta che i genitori avevano acquistato i biglietti per il Pakistan, ma soprattutto che era promessa in sposa a un cugino, l'ha spinta ad agire: Saman Habbas, attiva sui social con un proprio profilo Instagram, ha informato i servizi e il 18 dicembre, giorno del suo diciottesimo compleanno è stata affidata a una struttura protetta del Bolognese da cui l'11 aprile se n'è andata, pare, volontariamente.
Da allora al 5 maggio, quando i carabinieri sono andati a casa sua per trovare una collocazione in un'altra comunità, c'è un buco di tre settimane, ma intanto i genitori hanno fatto in tempo a scappare in Pakistan dopo essersi probabilmente sbarazzati della figlia, se i sospetti peggiori troveranno conferma.
Intanto Novellara si muove per testimoniare la vicinanza dei cittadini alla giovanissima: domani sera ci sarà una fiaccolata che vuole essere un segnale di coesione in un momento in cui l'idea stessa di integrazione sembra sbriciolarsi, malgrado l'attività di formazione e incontro rivolta alle donne straniere svolta dal centro La rosa dei venti.
«Siamo stati contattati dal consolato pakistano, che ci ha chiesto di tenerli aggiornati - aggiunge Carletti - c'è un filo diretto con loro e le forze dell'ordine. Saman nutriva una forma di ribellione comprensibile e naturale, lo conferma il fatto che quando contattò i nostri servizi chiese di essere salvata quando le cose stavano precipitando».