Estratto dell'articolo di Roberto Bongiorni per “il Sole 24 Ore”
Follow the money. […] Il bilancio di Hamas è totalmente “sbilanciato”: sui circa 2,5 miliardi di dollari che si stima affluissero, in media, ogni anno nelle casse del movimento islamico, almeno 600 milioni erano destinati alla “Difesa” (stima pubblicata dal quotidiano Haaretz). Che in questo caso significa tunnel, bunker, fabbriche che producono razzi e granate, addestramento e salari dei militari.
Forse nessun Governo al mondo spende più fondi per la difesa – in percentuale sul budget - di quanto abbia fatto Hamas negli ultimi anni. Ma Hamas non è uno Stato sovrano. Non controlla i confini, anzi è sotto embargo totale dal 2006, anno in cui vinse le elezioni. Il suo isolamento divenne poi totale nel 2007, quando estromise il movimento palestinese Fatah, che gestiva la sicurezza a Gaza. […]
A Gaza vivono decine di migliaia di dipendenti pubblici dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), i cui salari mantengono centinaia di migliaia di persone. La voce più corposa del bilancio di Hamas proviene proprio dai fondi trasferiti all’Anp (in parte sono i proventi delle tasse palestinesi) con sede a Ramallah, in Cisgiordania, che a sua volta ne gira un terzo a Gaza. L’importo versato è di circa 1-1,2 miliardi di dollari all’anno. […]
La seconda voce del bilancio proviene da un Paese “amico”: il Qatar. Nel corso degli anni Doha ha versato circa 30 milioni $ ogni mese, per un totale di almeno 360 milioni l’anno. Denaro contante che arrivava a Gaza stipato in grandi valigie con il benestare del Governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Il quale, seguendo la logica del divide et impera, puntava a non indebolire troppo Hamas per non rafforzare Fatah e legittimare la sua rivendicazione della soluzione dei due Stati sovrani, Palestina ed Israele. Dal 2012 al 2021 Doha ha dichiarato di aver versato nelle casse di Hamas l’equivalente di 1,5 miliardi di dollari, destinati ai bisogni della popolazione.