Gabriele Carrer per formiche.net
A margine del summit G20 il presidente statunitense Joe Biden, quello indonesiano Joko Widodo e quella della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno incontrato i leader e i ministri di Argentina, Canada, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Senegal e Regno Unito per “sottolineare la collaborazione e il sostegno” della Partnership for Global Infrastructure and Investment, lanciata in occasione dello scorso vertice G7 di giugno, tra partner like-minded a livello globale. È quanto si legge in un fact sheet diffuso dalla Casa Bianca relativo all’impegno dell’amministrazione Biden sul progetto spesso definito l’alternativa occidentale, da 600 miliardi di euro entro il 2027, alla Via della Seta lanciata quasi un decennio fa dal leader cinese Xi Jinping.
Colpisce l’assenza a quel tavolo dell’Italia, unico Paese G7 non presente ma anche l’unico ad aver aderito alla Via della Seta nell’ormai lontano 2019 con il governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte. Colpisce anche perché la riunione si è tenuta in occasione del G20 al termine del quale Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha incontrato Xi auspicando la promozione degli “interessi economici reciproci” e la ripresa di “tutti i canali di dialogo” con la Cina di Xi.
Secondo Richard Fontaine, chief executive officer del think tank Center for a New American Security di Washington, è “naturale” un certo interesse per un rafforzamento dei legami economici con la Cina espresso da Meloni, dal cancelliere tedesco, dal presidente francese Emmanuel Macron e da altri leader dopo l’incontro tra il leader cinese e il presidente statunitense Joe Biden. Ma i leader europei dovrebbero essere cauti, ha spiegato l’esperto a Formiche.net. “Pechino vede gli Stati Uniti e l’Europa come potenze separabili. Si noti la richiesta di Xi a Meloni di contribuire a mantenere ‘indipendente’ la politica dell’Unione europea nei confronti della Cina. Indipendente da chi, si potrebbe chiedere”.
Come ha notato Politico, “la Cina ha rilanciato in modo evidente la sua tattica, da tempo consolidata, di corteggiare singoli Paesi dell’Unione europea e i loro interessi nazionali, che ha spesso utilizzato per destabilizzare Bruxelles”.
L’Italia, tramite l’International Partners Group di cui fa parte, è coinvolta in un nuovo progetto legato alla Partnership for Global Infrastructure and Investment: la Indonesia Just Energy Transition Partnership, pensata per mobilitare un importo iniziale di 20 miliardi di dollari in finanziamenti pubblici e privati nell’arco di un periodo di tre-cinque anni per aprire la strada al conseguimento degli ambiziosi obiettivi futuri in materia di clima ed energia.
Anche per questo, sarebbe sbagliato leggere l’assenza italiana come un passo indietro dall’impegno assunto al G7. Ma rischia di essere un passo falso con gli alleati e i partner like-minded, specie in una fase di crescente scontro tra democrazie e autocrazie, dove distinguere tra gli interessi economici e quelli politiche delle seconde risulta ancor più complicato.
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A ciò si aggiunge il fatto nelle ultime ore il leader cinese Xi ha annunciato l’intenzione di tenere il terzo forum sulla Via della Seta nel 2023, a pochi mesi dalla scadenza del memorandum d’intesa firmato dall’Italia nel 2019. Anche questo potrebbe diventare un test per l’Italia di Meloni, che prima delle elezioni aveva definito quell’intesa un “un grosso errore” per il cui rinnovo “difficilmente vedrei le condizioni politiche”.