Da “Radio 24”
PIETRO SENALDI VICE DIRETTORE DI LIBERO
“Secondo me e lo Zanichelli, quindi la lingua italiana, la ‘Patata bollente’ è una grana e non una donna dalla vita sessuale particolare”. Lo ha detto Pietro Senaldi, direttore responsabile di Libero, a 24mattino su Radio24 con Maria Latella, commentando per la prima volta la condanna arrivata in tarda serata dal tribunale di Milano per il titolo del quotidiano Libero del 10 febbraio 2017, “Patata bollente”, riferito alla sindaca di Roma Virginia Raggi.
“I giudici – ha aggiunto Senaldi - hanno condannato me per un reato di opinione, però l’opinione è quella dei giudici e della Raggi e non la mia. In questo paese i grillini possono dare a me della puttana, ma io non posso dire che la Raggi è una grana per i grillini e per Roma.”
prima pagina di libero virginia raggi patata bollente
Il direttore responsabile di Libero ha poi concluso a Radio 24: “Sono stato condannato anche dall’Ordine. Noi giornalisti facciamo come i politici: cosa hanno fatto i politici? Hanno ceduto tutto il loro potere ai giudici per screditarci a vicenda e adesso non contano più nulla. E noi giornalisti stiamo copiando l’esempio e non conteremo più nulla.” Pentito di aver fatto quel titolo? “Assolutamente, dovrebbero pentirsi i romani di aver votato Raggi” conclude il direttore a Radio 24.
2 - TITOLO SESSISTA SU VIRGINIA RAGGI, CONDANNATO IL QUOTIDIANO "LIBERO"
Da https://www.tgcom24.mediaset.it
Il titolo di apertura del quotidiano "Libero" in edicola il 10 febbraio 2017 contro Virginia Raggi era sessista. Lo ha deciso il tribunale civile di Milano in merito a quel "Patata bollente" che il giornale usò riferendosi alle vicende della sindaca di Roma. Con la sentenza di primo grado è stata confermata la delibera del Consiglio di disciplina dell'Ordine nazionale dei Giornalisti contro Pietro Senaldi, direttore responsabile della testata guidata da Vittorio Feltri.
Il giudice ha così respinto il ricorso presentato da Feltri, condannandolo anche al pagamento di circa 20mila euro di spese legali. Il titolo, come ha sottolineato il Consiglio di disciplina dell'Ordine, presenta "evidenti richiami sessuali" e un "dileggio" sessista poiché riferito alla sindaca e alle sue vicende personali che venivano legate alla notizia dell'inchiesta in cui era coinvolta. Nella sua difesa, Senaldi aveva parlato di un "doppio senso, inteso con un'accezione affettuosa".