Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Un' iniziativa tanto inedita quanto clamorosa - per il contenuto e i modi con cui è stata annunciata - apre un nuovo fronte dell' inchiesta su corruzione e traffico di influenze illecite legate agli appalti gestiti dalla Consip. A seguito delle «ripetute rivelazioni di notizie coperte da segreto, sia prima che dopo la trasmissione degli atti a questo ufficio - si legge in una nota diffusa ieri pomeriggio dai magistrati titolari del fascicolo -, la Procura di Roma ha revocato al Nucleo operativo ecologico dei carabinieri la delega per le ulteriori indagini, che è stata affidata al Nucleo investigativo di Roma dell' Arma».
Le fughe di notizie sono avvenute «sia verso gli indagati o comunque verso persone coinvolte a vario titolo, sia nei confronti degli organi di informazione», si lamentano gli inquirenti romani; che solo «poi», com' è specificato in una parentesi, hanno ricevuto gli atti per competenza dalla Procura di Napoli.
Le prime «soffiate» alle persone sotto intercettazione e i primi articoli sull' inchiesta che coinvolge il padre dell' ex premier Renzi sono precedenti al passaggio di consegne. E sono continuate dopo. Fino agli ultimi giorni, quando molti particolari contenuti nelle informative riservate dei carabinieri, che i pm guidati dal procuratore Giuseppe Pignatone intendevano contestare a Tiziano Renzi e al suo amico Carlo Russo, sono stati resi noti prima degli interrogatori. Con evidente danno all' indagine.
Di qui la decisione di cambiare organo investigativo «per esigenze di chiarezza». Resa nota attraverso un comunicato, nel tentativo dei pm di chiamarsi fuori dalle polemiche sul «circo mediatico-giudiziario» che alimenta il dibattito pubblico e chiama in causa anche la magistratura. Soprattutto quando le inchieste hanno evidenti ricadute politiche, come in questo caso.
Pignatone Severino Vietti CARLO RUSSO
Siccome le notizie diffuse nelle ultime settimane erano a conoscenza solo degli inquirenti e degli investigatori, la Procura di Roma ha ritenuto di tagliare fuori dal prosieguo quel gruppo di investigatori che aveva cominciato a lavorare su questa vicenda su delega della Procura di Napoli, quando ancora l' indagine era di esclusiva competenza dei magistrati partenopei: il Noe dell' Arma.
Il cui vertice naturalmente non ha preso bene l' esclusione. Sia perché contiene un' implicita accusa nei confronti di quel Nucleo, sia per la volontà di dare pubblicità al provvedimento, comunicato con due lettere in busta chiusa recapitate ieri mattina al comandante del Noe e a quello da cui dipende il Nucleo investigativo di Roma, che ora erediterà l' inchiesta. Ma l' irritazione degli inquirenti ha superato anche il prevedibile malumore dell' Arma.
giuseppe pignatone e lirio abbate
Il rifermento alla fase d' indagine gestita dalla Procura di Napoli può far pensare a un certo disappunto dei pm romani anche verso quell' ufficio, tuttavia le indagini collegate vanno avanti per i profili che interessano entrambi gli uffici. Ne sono testimonianza gli interrogatori dell' altro ieri condotti in comune, tra i quali quello del sindaco di Rignano sull' Arno (Comune dove abita la famiglia Renzi) a proposito della fuga di notizie che riguardava il telefono sotto controllo del padre dell' ex premier, che due giorni dopo l' inizio delle operazioni faceva avvisare il suo amico Carlo Russo di non telefonargli né mandargli messaggi.
Dalle testimonianze raccolte in passato sulle microspie svelate ai dirigenti della Consip, s' è aperto un filone di accertamenti relativo al ministro Luca Lotti, il comandante generale dell' Arma Tullio Del Sette e quello provinciale di Firenze Emanuele Saltalamacchia, ma le registrazioni svelano che Romeo disponeva di molti informatori. Compreso «il capostazione», come lo chiama lui, che nel novembre scorso gli svelò che alcuni carabinieri avevano chiesto di lasciare dei posti liberi accanto a lui sul treno Napoli-Roma; erano quelli che dovevano installare un virus-spia nel suo telefono cellulare.