Estratto dell’articolo di Patrizia Maciocchi per "Il Sole 24 Ore"
Scattano i reati di turbativa di una funzione religiosa e di vilipendio alla religione per chi grida «vai via» al vescovo, durante la processione per la festa del santo patrono della città. Una ricorrenza tanto importante da indurre la Cassazione a negare ai due imputati anche la particolare tenuità del fatto.
I ricorrenti avevano gridato e offeso l’allora vescovo di Salerno Monsignor Luigi Moretti, gesticolando in maniera aggressiva e grossolana e invitandolo ad andarsene, mentre era in corso la processione per la festa di San Matteo. Per loro era scattata la condanna per due reati che negavano di aver commesso, rivendicando il diritto di critica e invocando la particolare tenuità del fatto.
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Non centra l’obiettivo il tentativo della difesa di indicare come bersaglio delle “scomposte rimostranze» i portatori delle statue i cosiddetti paranzieri. In più c’era da considerare che il poco garbato “invito” ad andare via non poteva essere considerato un’offesa al sentimento religioso mai entrato nel mirino dei contestatori, che semmai manifestavano il loro dissenso per come era stato organizzato l’evento. Ma per i giudici così non è.
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Perché chi offende un ministro del culto, offende tutta la comunità religiosa che lui rappresentata e vilipende stessa religione. «La condotta consiste - si legge nella sentenza - nel “tenere a vile”, ovvero nel manifestare un’offesa volgare e grossolana, che si concreta in atti che assumano caratteri evidenti di dileggio, derisione, disprezzo». […]
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