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Estratto dell’articolo Marino Niola per “la Repubblica”
Giù le mani da Babbo Natale. E nessuno riveli che non esiste. Soprattutto ai bambini. Che hanno bisogno del sogno per imparare a stare al mondo. Per scoprire il principio di realtà avranno tutto il tempo.
Fantasia, gioco, illusione, fiaba, sono strumenti fondamentali della crescita e della formazione. Altrimenti dovremmo pensare che le generazioni che ci hanno preceduto si siano sbagliate tutte.
Che le notti magiche che abbiamo trascorso senza riuscire a dormire in attesa di Babbo Natale, della Befana o di Santa Lucia siano state solo un inganno perpetrato dagli adulti per tenerci buoni. E non siano invece state un’esperienza iniziatica. Un tirocinio al mistero. Un compromesso fra realtà e fantasia.
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In effetti non c’è cultura al mondo in cui l’educazione dei ragazzi non passi attraverso la credenza in esseri fantastici che premiano e castigano. Porta doni severi ma benefici. Che è un modo per raccontare in un linguaggio fiabesco il confine fra il bene e il male, fra il lecito e l’illecito. Per premiare il merito.
Solo dopo arriva la rivelazione che quei misteriosi donatori erano i nostri genitori. Che spesso si facevano attori per noi e inscenavano una fiabesca mascherata per rendere incantate e memorabili le vigilie della nostra infanzia.
E non va sottovalutato il fatto che nel rapporto fra figli e genitori queste creature che vengono da lontano sono neutrali. Non hanno implicazioni personali. Non fanno favoritismi. Sanno giudicare al di sopra delle parti. Insomma, sono i mediatori perfetti fra i desideri dei ragazzi e le valutazioni degli adulti.
E non va sottovalutato nemmeno il fatto che persino la letterina scritta a Babbo Natale ha un valenza pedagogica. Perché insegna a relazionarsi, a chiedere, ad aprirsi all’altro. Un altro che non è né mamma né papà.
In questa trasmissione di sogni, ereditati e trasmessi di generazione in generazione, c’è un profondo principio di equilibrio fra i grandi e i piccoli. Una catena che non si può spezzare con la rivelazione intempestiva e prematura di quel segreto che crea una complicità amorosa fra noi e i nostri figli.
Al punto tale che arriva un momento della vita in cui i figli reggono il gioco ai genitori. Li aiutano addirittura a non sbagliare le mosse. A recitare bene la loro parte. Ecco perché è crudele barattare questo incantesimo salvifico per uno spoetizzante brandello di verità.
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