Laura Cuppini per il “Corriere della Sera”
ALGORITMO PER IL RISCHIO DI MORTE NEI PAZIENTI COVID
Un paziente arriva in Pronto soccorso, ha sintomi Covid e risulta positivo. È possibile prevedere se rischi di aggravarsi o di morire? Sì, secondo uno studio condotto dall' Università di Firenze, Ospedale Careggi e Fondazione Poliambulanza di Brescia, che verrà pubblicato sulla rivista BMJ-Open .
Gli autori hanno esaminato 516 pazienti con infezione da Sars-CoV-2 ricoverati nei due ospedali tra febbraio e aprile. Obiettivo del lavoro: generare uno strumento di calcolo delle probabilità di decesso (chiamato «Covid-19MRS») utilizzando parametri ottenibili entro due ore dall' accesso in Pronto soccorso. In questo modo è possibile stabilire velocemente la sistemazione dei pazienti in aree a intensità bassa (o a domicilio), intermedia, alta (rianimazione). Uno degli aspetti che ha reso particolarmente drammatici gli effetti della pandemia è stata infatti l' improvvisa pressione sugli ospedali di soggetti nelle più svariate condizioni cliniche.
Le variabili nello schema sono sei: età, numero di patologie croniche presenti, frequenza respiratoria, indice di Horowitz (che dà indicazioni sulla compromissione polmonare), creatinina (funzionalità renale), conta delle piastrine (per valutare l' eventuale presenza di coagulazione intravascolare disseminata, una delle complicanze più preoccupanti di Covid).
reparto di terapia intensiva brescia 1
L' algoritmo garantisce un livello di precisione del 90%. «Altri gruppi di ricerca hanno proposto criteri per identificare i pazienti più fragili ma sono variabili che si modificano velocemente, come il livello di troponina (danno miocardico), o che richiedono tempi più lunghi (misura delle citochine) - afferma Niccolò Marchionni, professore ordinario di Geriatria all' Università di Firenze e direttore del Dipartimento Cardiotoracovascolare all' Ospedale Careggi -. Il nostro obiettivo era stratificare il livello di rischio già all' ingresso in Pronto soccorso, velocemente e con precisione».
ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus
Tra i risultati dello studio uno appare particolarmente rilevante: il rischio di morte nei pazienti ultra 75enni appare 8 volte superiore rispetto agli under 62, al netto dell' aggiustamento per le altre condizioni esaminate. Dunque, sostengono gli autori, l' elevata letalità riguarda non solo gli anziani con malattie croniche, ma anche quelli relativamente sani.
«Il rischio di morte assoluto negli over 75 è estremamente significativo - sottolinea Marchionni - e può spiegare perché nella Bergamasca sia tragicamente scomparsa un' intera generazione. Durante l' invecchiamento un organo-target del coronavirus (polmoni) e un organo di compenso metabolico generale (reni) mostrano una funzionalità ridotta, anche in assenza di patologie perché il problema è legato all' avanzare dell' età.
Con la riapertura delle scuole sarà necessario prestare estrema attenzione nei confronti delle persone anziane: l' ideale sarebbe portare tutti la mascherina chirurgica o in alternativa far indossare una Ffp2 a nonni e genitori in là con gli anni. Inoltre è molto importante che gli over 65 si vaccinino contro l' influenza».
L' età media dei 516 pazienti è di 67 anni e i maschi rappresentano il 67 per cento del totale. I morti sono stati 120 (quasi uno su quattro): 7 nella fascia a basso rischio (4 per cento del totale del gruppo), 27 in quella intermedia (16 per cento) e 86 in quella ad alto rischio (51 per cento).
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