Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
La strada più breve per riportare presto a casa Alessia Piperno passa per un provvedimento di espulsione. E proprio su questo tasto batteranno diplomazia e intelligence quando riusciranno a stabilire un contatto con le autorità iraniane, dopo l'arresto della ragazza romana avvenuto il 28 settembre. Fino a ieri sera non è stato ancora possibile stabilire un canale diretto per avere sue notizie, non si sa in quale prigione sia stata portata e soprattutto quali siano le accuse che le vengono contestate.
Nonostante siano trascorsi tre giorni dalla cattura e sin dalle prime ore si sia parlato di almeno 9 cittadini occidentali finiti in carcere, nessuna comunicazione ufficiale è stata fornita all'Italia. Se Alessia non fosse riuscita a telefonare al padre sarebbe rimasta nell'elenco delle persone sparite durante le manifestazioni di protesta organizzate in tutto il Paese dopo l'uccisione di Mahsa Amini, la 22enne curda morta il 16 settembre dopo essere stata arrestata dalla polizia perché non indossava il velo in maniera corretta.
Invece l'allarme è scattato, i possibili canali - anche quelli umanitari - per rintracciarla e portarla via prima possibile sono stati tutti attivati. La speranza è che la donna sia ancora in un posto di polizia perché questo certamente renderebbe più agevole il rilascio, più semplice il suo rimpatrio. Nell'attesa, ambasciata e 007 sono al lavoro per ricostruire i suoi spostamenti, le sue frequentazioni. Per scoprire se abbia incontrato qualcuno che l'ha poi «tradita».
L'UOMO DEL VISTO E L'ISTANZA AL PAKISTAN
Alessia arriva in Iran circa tre mesi fa, la sua permanenza è scandita da numerosi video che posta su Instagram. Una sorta di diario di questa giovane che si definisce sui suoi profili social «travel assistant», assistente di viaggio. E proprio in uno di questi filmati la ragazza racconta di avere il visto scaduto e di essere in attesa di un nuovo visto per il Pakistan. «Mercoledì devo andare via, anzi mi cacciano», spiega tre settimane fa. Ma poi rivela di aver conosciuto un uomo «molto gentile» che l'ha aiutata a rinnovare il visto per altri 30 giorni. Chi era? Dove l'aveva incontrato?
Possibile che sia stato lui a segnalarla alle autorità? Alessia si rivolgeva quasi quotidianamente ai suoi follower e ci teneva a sottolineare quanto amasse l'Iran, pur evidenziando le contraddizioni e le difficoltà per «una donna che viaggia da sola». Possibile che siano state queste considerazioni, i messaggi pubblicati e le immagini dei luoghi rilanciate attraverso Facebook e Instagram a farla finire nel mirino della polizia?
GLI AMICI NELL'OSTELLO E IL KURDISTAN
Sin da agosto la donna alloggiava in un ostello con altri stranieri. Un luogo che potrebbe essere stato ritenuto un ritrovo di manifestanti e contestatori ora che si moltiplicano cortei e proteste per la morte di Mahsa Amini. È stato confermato come nei giorni scorsi la struttura sia stata perquisita dalla polizia alla ricerca di stranieri che avevano partecipato alle proteste. E venerdì 30 settembre «il ministero dell'Informazione della Repubblica islamica» ha annunciato «l'arresto di 9 cittadini di Germania, Polonia, Italia, Francia, Olanda e Svezia in Iran». Nella nota si precisa che «sono stati arrestati sul luogo dei disordini o dietro le quinte della cospirazione».
Dov' era Alessia quando è stata catturata? E con chi? Secondo le informazioni raccolte in queste ore la donna era arrivata in Iran con tre amici - un polacco, un francese ed un altro italiano che si chiama Paolo - e insieme erano andati a visitare Rasht, poi si erano spostati a Teheran. La scorsa settimana l'amico Paolo sarebbe partito per l'India mentre Alessia e gli altri due stranieri avrebbero deciso di dirigersi verso il Kurdistan iraniano. Perché Alessia non ha atteso il rilascio del nuovo visto per il Pakistan? Qual era davvero la prossima meta?
LA FESTA DI COMPLEANNO E LA TELEFONATA
Secondo i genitori, Alessia sarebbe stata arrestata mentre festeggiava i suoi 30 anni. Non ci sono conferme rispetto a questa possibilità e non è escluso che possano invece averla catturata in strada insieme agli amici, come del resto sostengono le autorità di Teheran nel comunicato.
Adesso si deve scoprire dove sia stata portata. Il timore forte è che venga rinchiusa nel carcere di Evin o addirittura trasferita a Qarchak, la prigione femminile di Shahr-e Ray più volte definita «un inferno» dalle organizzazioni internazionali, per la durezza delle condizioni in cui sono costrette le detenute. La speranza alimentata dalla telefonata arrivata al padre due sere fa, è che sia invece trattenuta in un posto di polizia. In questo caso sarebbe più agevole per la delegazione, guidata da un ambasciatore esperto come Giuseppe Perrone, negoziare l'espulsione e il rimpatrio immediato.
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